martedì 17 febbraio 2015

La Scala Santa


Il mio amico Lee Van Laer, che ha ispirato questo blog, è un originale esploratore delle idee della Quarta Via. Recentemente mi ha scritto che tutto il Lavoro che facciamo in questa vita serve solo a prepararci a soffrire ancora di più in una vita futura. Non ricordo di aver letto questa idea nel Sistema, ma sembra coerente con quanto diceva Ouspensky, ovvero che se la sofferenza non esistesse, bisognerebbe inventarla: senza di essa non potremmo ricordare noi stessi nel modo giusto. Secondo questo principio, più soffriamo, più aumentano le possibilità di creare un’anima.

Una singolare applicazione di queste idee mi sembra la Scala Santa di S. Giovanni a Roma. Ovviamente è un’applicazione in piccola scala, se mi si passa il gioco di parole. Da secoli, la gente sale in ginocchio la Scala Santa di Roma, fermandosi su ogni gradino a pregare. L’antichissimo rito è palesemente basato sull’idea della trasformazione della sofferenza (buona parte del cristianesimo, di fatto, sembra consistere nel precetto gurdjieffiano “Fa’ quel che a ciò non piace”).

Nella Scala Santa più sali e più soffri, come direbbe il mio amico americano. Più sali e più devi alzare gli occhi per tenere l’attenzione sul Gesù della parete di fondo. Salendo, c’è più luce. Vedi meglio la cupola col suo lanternino, che a sera è un vertiginoso buco nero. A sera, senti anche la porta chiudersi alle tue spalle: puoi solo continuare a salire, reggendoti sulla tua concentrazione. Il dolore aumenta di gradino in gradino, ma anche la forza di volontà. 

Più ascendiamo, più ci avviciniamo alla luce e più c’è sofferenza fisica. Un’attenzione salda diventa quanto mai necessaria per non lasciare che la sofferenza si trasformi in “io” meccanici (di lamento, impazienza, fretta ecc.). E l’attenzione sostenuta è ciò che ci porta più vicini a quello che il Sistema chiama Centro Emozionale Superiore.

Dopo, c’è il Sancta Sanctorum; dopo ancora, si ridiscende al mondo. Già sui primi gradini, dalle finestre si rivede il traffico della città. E allora capisci: ogni discesa serve solo a risalire.

Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
ed al cantar di là non siate sorde.


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