Scendevi volando nell’ultimo tratto della
via. Passavi sopra un solco che ti dicevano essere stato prodotto dal passaggio
dei pellegrini. Quando entrasti nella chiesa, ti sentivi in stato di perfetta
letizia.
Udisti dei discorsi, incompleti e frammentari.
“Affinché
il cuore si accenda, le cose vanno rese pesanti.”
“E come
si rendono pesanti, le cose?”
“Caricandole di consapevolezza. Il cuore è sempre su una bilancia, non solo sui
papiri egizi, e tu devi cercare di portarlo più in alto possibile. O rendi
l’altro piatto pesante, in modo che il cuore venga alla luce, o rendi
quest’ultimo leggero, lasciando le cose dell’altro piatto là dove sono.
Sull’altro piatto c’è il mondo: se lo ignori, il cuore emergerà; se lo investi
di consapevolezza, il cuore ugualmente salirà e brillerà; ma se lasci che sia
l’unica realtà esistente, il cuore sprofonderà e diventerà invisibile.
Quando
tu non ci sei, solo le cose sono. Nessuna luce arriva più al cuore che rischia
di deperire e morire.
Ricordati: poiché non ci è dato ignorare completamente il mondo, almeno non prima della nostra dipartita, non ci resta che rendere le cose chiare, precise e solide.
Alla
fine, la speranza è che il cuore ascenda tanto da superare il pianeta Terra e
affrancarsi dalle leggi di quest’ultimo. Ma paradossalmente, prima devi rendere
più pesanti gli oggetti della Terra, riversandovi la tua coscienza quasi fosse
un liquido, un nettare.”
Svegliandoti, ti sentivi
felice ancora per qualche minuto. Stavi in un territorio dove bastava allungare
il braccio per toccare la luce. Avevi camminato senza poggiare piede al suolo.
Le parole, le immagini, le azioni – tutto ti lasciava edificato.
Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
ed al cantar di là non siate sorde.
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