domenica 15 febbraio 2015

Dora Bruder


Scrive Pietro Citati che questo libro, secondo alcuni il capolavoro del Premio Nobel 2014 Patrick Modiano, “si muove nel vuoto, si agita nel vuoto, attraversa il vuoto, interroga il vuoto, viene deluso dal vuoto”. C’è da fare un’aggiunta: viene anche dal vuoto.

L’io narrante non esiste se non come una serie di ruminazioni intorno a un’altra persona, della quale si sa pochissimo. “Nessuno ricorda più niente”, “Zona di vuoto e d’oblio” e “Non lo sapremo mai” sono espressioni ricorrenti. Eppure, su queste impotenze e oblii si regge un libro di 136 pagine.

"In fin dei conti, il sapere non è altro che del nulla versato nel vuoto." Gurdjieff

La vita di Dora Bruder è fatta di labili indizi; il romanzo Dora Bruder, di elucubrazioni su questi labili indizi; la vita del narratore, di note al margine di queste elucubrazioni. Spesso egli scrive: “Ho camminato negli stessi luoghi di X, quaranta anni prima”, “Sono andato a vedere cosa c’è oggi sullo stesso luogo” o “Provo a immaginare come camminava su questa strada Y nel 1942”. Inseguendo fantasmi, il narratore diventa un fantasma a sua volta: un mulinello di pensieri ossessivi intorno a ipotesi indimostrabili.

C’è un doppio annichilimento, in questo romanzo: degli ebrei parigini sotto l’occupazione nazista e del narratore che si consacra a ricostruirne la vita. Solo a pagina 50 siamo certi che l’io narrante è effettivamente Patrick Modiano, perché ci dice di avere scritto Viaggio di nozze: fino a quel momento, la voce narrante era un'ombra delle ombre.

Più avanti, quando ai fatti del ’42 vengono sovrapposte le vicissitudini con il padre e la polizia negli anni Sessanta, la prima persona sembra acquistare carne, muscoli e sangue: ma è una breve parentesi.

È come se tutto il testo fosse un esercizio di fantasia intorno al nulla. E quanto più il tentativo di dare forma all’informe viene frustrato, tanto più l’immaginazione si avvita su se stessa, ripercorrendo ossessivamente le stesse strade, fermandosi davanti agli stessi numeri civici e leggendo più volte le cronache meteorologiche di quei giorni.

Alla fine, quello che impressiona maggiormente del libro è la testimonianza sull’Olocausto: per quanto si conosca l’argomento, si resta sempre sgomenti come la prima volta. Attraverso il suo modo particolare di raccontare, Dora Bruder ci lascia con un senso doppio di vuoto.

Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
ed al cantar di là non siate sorde.

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