Centotrenta anni fa, il Tibet
si chiamava Stato della Chiesa. Guerre di conquista, soppressione di ordini
religiosi, trasformazione di monasteri in caserme, demolizioni e devastazioni paesaggistiche in nome del progresso, incentivazione dell’immigrazione,
mobilitazione di giornalisti e intellighenzia per cancellare la cultura dei
vinti: tutto quello che si è visto in Tibet era già stato fatto a Roma, allorché si decise che quest'ultima doveva
trasformarsi nella capitale di uno degli Stati nazionali ottocenteschi.
Un’immagine eloquente di questa trasformazione da città santa dell’Occidente a copia maldestra di Parigi è Via Cernaia: una strada a grande scorrimento stesa sopra quelle che erano le corti e le celle dei monaci certosini. Queste ultime le possiamo ancora vedere affacciandoci dalla ringhiera, cinque metri più in basso, nella loro nuova sistemazione a ufficio di una soprintendenza.
Tutt’intorno abbiamo oggi un quartiere di non esaltante architettura umbertina, ma una volta questa era la zona mistico-contemplativa di Roma. I principali ordini contemplativi erano infatti tutti
qua.
Cominciamo proprio dai certosini.
La rimozione del passato, culturale prima che fisica, è riuscita tanto bene che
oggi pochi romani sanno chi erano e come vivevano le persone i cui edifici stanno
riutilizzando.
I certosini vestivano completamente di bianco e avevano fatto voto di silenzio: non parlavano mai. Passavano le ore in preghiera, solitaria e comunitaria, e nel lavoro preferibilmente manuale: non è un caso se, senza mai firmarsi, hanno creato alcuni dei monasteri più belli d’Italia, da Pavia a Napoli, passando per Padula. Era importante che fossero a contatto con la natura: da qui la presenza di un orto-giardino in ogni cella (ne vediamo i "fantasmi" da Via Cernaia) e la settimanale passeggiata collettiva in campagna (ovviamente nel 1870 qui eravamo fuori città).
I certosini vestivano completamente di bianco e avevano fatto voto di silenzio: non parlavano mai. Passavano le ore in preghiera, solitaria e comunitaria, e nel lavoro preferibilmente manuale: non è un caso se, senza mai firmarsi, hanno creato alcuni dei monasteri più belli d’Italia, da Pavia a Napoli, passando per Padula. Era importante che fossero a contatto con la natura: da qui la presenza di un orto-giardino in ogni cella (ne vediamo i "fantasmi" da Via Cernaia) e la settimanale passeggiata collettiva in campagna (ovviamente nel 1870 qui eravamo fuori città).
Per qualcuno, tale disciplina non
era abbastanza severa. Il monaco francese Jean de la Barriere, nel XVI secolo,
fece una scissione e fondò l’ordine dei foglianti, ovvero dei certosini più
rigidi. Il loro convento era dietro Via Cernaia, intorno alla chiesa di S.
Bernardo alle Terme (vi è sepolto lo stesso de la Barriere). Oggi, del complesso, resta solo la chiesa. I foglianti
avevano lo stesso abito certosino, ma erano vegani; avevano abolito i tavoli e
mangiavano per terra; camminavano scalzi; dormivano sul nudo pavimento, con un
sasso per cuscino, non più di quattro ore; si dedicavano al lavoro manuale
e facevano voto di silenzio. Oggi sono scomparsi, ma un tempo erano tenuti in
alta considerazione. Quando Bernini viaggiava, cercava sempre di essere loro
ospite.
A S. Bernardo alla Terme vi sono
ai giorni nostri i cistercensi di Roma, ridotti a due unità.
Bernini lo ritroviamo quasi di
fronte, nella chiesa di S. Maria della Vittoria, con l’Estasi di
S. Teresa. Qui infatti esisteva (e, molto ridimensionato, esiste tuttora) l’ordine carmelitano di Roma. Anche in questo
caso, resta praticamente solo la chiesa: l'antico monastero fu requisito, abbattuto e sostituito
dall’istituto di Zoologia. Pure i carmelitani avevano fama di ordine mistico,
ma erano meno severi di certosini e foglianti. Il silenzio, per esempio, non
era obbligatorio. Leggiamo dalla loro regola:
“…quantunque non si abbia l’osservanza
scrupolosa del silenzio, si eviti tuttavia di parlar troppo; poiché, come sta
scritto e come non meno insegna l'esperienza, nel parlare troppo non potrà
mancare la colpa, e chi parla sconsideratamente ne subirà le cattive
conseguenze. Inoltre, chi fa uso di molte parole danneggia la propria anima”.
L’estasi di S. Teresa è opera celeberrima che non ha bisogno di presentazioni. Riporto solo quello che mi fece gentilmente notare un carmelitano. Sulla volta della chiesa, sopra la cappella, il devoto
Bernini fece mettere un cartiglio con una citazione dai Diari di S. Teresa. Sono
le parole che Gesù avrebbe detto alla santa durante l’estasi: “Se il cielo non
esistesse, lo avrei creato per te”.
Per la cronaca, Santa Teresa morì la notte del 5 ottobre 1582: proprio mentre entrava in vigore il calendario gregoriano e il mondo saltava dal 5 al 15 ottobre. In quel varco temporale, in quella notte senza tempo, Santa Teresa scivolava nell'eternità.
Per la cronaca, Santa Teresa morì la notte del 5 ottobre 1582: proprio mentre entrava in vigore il calendario gregoriano e il mondo saltava dal 5 al 15 ottobre. In quel varco temporale, in quella notte senza tempo, Santa Teresa scivolava nell'eternità.
Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
ed al cantar di là non siate sorde.
Nessun commento:
Posta un commento