venerdì 6 febbraio 2015

Il concerto



A volte ti nascondi dietro un orecchio: come nei giorni in cui ci sono state prove e concerti nel museo in cui lavori. Allora ti piaceva passare in secondo piano e lasciare che una piccola parte di te – l’orecchio – prendesse tutto lo spazio.

Con gioia attendevi l’opportunità di diventare una cosa piccola piccola – un atomo – dietro il tuo orecchio. E se i suoni erano belli come quelle antiche melodie suonate da strumenti d'epoca, era più facile.

Proprio di fronte alla sala dei concerti, dall'altra parte della strada, c’è la tomba di un sant’uomo (il vostro “guardiaspalle”) con l’epitaffio Non coerceri maximo | contineri minimo, divinum est, che tradotto fa: “Non esser costretto da ciò ch'è più grande ed essere contenuto in ciò ch'è più piccolo: questo è divino” (ventuno parole italiane per sette latine). Era divertente come tutti sostenessero che queste parole fossero sulla tomba del santo, ma nessuno sembrasse sapere esattamente dove. A occhio nudo la scritta non si vedeva e chiedendo in giro, tutti cadevano dalla nuvole. Che fosse infinitamente grande e infinitamente piccola allo stesso tempo?

Certo era che quando ti facevi piccolo piccolo dentro l'orecchio, diventavi grande grande al tuo interno.

E c'era una stranezza: a quel punto i suoni non ti raggiungevano più, come se si fossero fermati all’esterno. In te – grazie all’intensa attenzione – si era formata una sorta di luminosa sfera in cui niente poteva entrare.

Era quella, in realtà, una delle 112 tecniche insegnate da Shiva a Parvati, magistralmente commentate da Osho in The Book of the Secrets. Tu stesso, tanti anni prima, avevi tradotto queste parole:

I suoni hanno qualcosa di peculiare: ovunque ci siano suoni, tu sei il centro. Tutti i suoni vengono a te da tutte le direzioni [...] ma non ti raggiungono mai. Esiste un punto in cui nessun suono può entrare: quel punto sei tu” (Osho).

Quando la musica cominciava, in quel museo diventavi anche tu un quadro e i suoni erano la tua cornice. Ascoltando a lungo, essi si trasformavano in una ghirlanda intorno al tuo collo. Non penetravano oltre la spalla, eppure ti levigavano sino a trasformarti in specchio.

Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
ed al cantar di là non siate sorde.

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