mercoledì 25 marzo 2015

Cielo aperto



"Lo sguardo si posi su un'estensione di terreno priva di alberi, montagne, muri ecc. Quando la mente è fissa in ciò, i pensieri fluttuanti si dissolvono" (Vigyana Bhairava Tantra, versetto 60).

Riposare lo sguardo su uno spazio ampio e privo di oggetti è cibo per l'anima. In città è difficile. C'è chi arriva a chiudersi in una stanza buia per ore - giorni - nel tentativo di rilassare lo sguardo in uno spazio illimitato.
Può capitare di sentirsi dilatati all'infinito anche guardando o ascoltando determinate persone: Maestri che evidentemente sono riusciti a "fare spazio" dentro di sé.
Il silenzio assoluto è un'altra forma di riposo dei sensi, esperienza rinvigorente di cui in realtà abbiamo assoluto bisogno, anche se spesso non lo sappiamo.

Nelle città, è fondamentale poter alzare gli occhi e ritrovare sopra la nostra testa un frammento d'infinito. Guardare il cielo funziona sempre: l'anima ricorda se stessa.
Per questo mi spaventa l'attuale tendenza (per esempio, a Roma) a riportare il tram nei centri storici. L'aggressione dei ganci alle facciate antiche, il viluppo dei fili tra noi e il cielo, il permanente aspetto disordinato che assumono le strade: tutto questo ci leva una possibilità di godere dell'infinito all'interno del nostro quotidiano. Sembrava ormai pacifico che i tram nelle città antiche costituissero "inquinamento visivo", ma ora si sente parlare di progetti a grande scala per il loro ripristino.

In alcune città lo smantellamento della rete tranviaria non è mai avvenuto e i loro abitanti li considerano normali. Il velo dell'abitudine non permette di realizzare quanto stanno perdendo: il cielo intero.

O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.

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