Dice lo scrittore canadese Yann Martel che
il suo libro-capolavoro Vita di Pi (da cui
l’omonimo film Premio Oscar) ha visto la luce al termine di una lunga fase di
depressione, della quale ha rappresentato la cura. Non per niente, esso tratta di una discesa e risalita dagli inferi.
Il protagonista si chiama “Piscine Molitor”, perché nelle omonime piscine parigine il padre diceva di aver trovato l’acqua più limpida del mondo. La fanciullezza di Piscine è infatti limpida come un Eden: lo zoo del padre costituisce un paradiso in cui Piscine cresce nell’abbondanza. Quest’ultima non è solo fisica (di animali, di piante, di natura), ma anche interiore: Piscine adora tutte le religioni ed è un devoto pieno di grazia che non riesce a capire le ostilità tra i vari credi.
Il protagonista si chiama “Piscine Molitor”, perché nelle omonime piscine parigine il padre diceva di aver trovato l’acqua più limpida del mondo. La fanciullezza di Piscine è infatti limpida come un Eden: lo zoo del padre costituisce un paradiso in cui Piscine cresce nell’abbondanza. Quest’ultima non è solo fisica (di animali, di piante, di natura), ma anche interiore: Piscine adora tutte le religioni ed è un devoto pieno di grazia che non riesce a capire le ostilità tra i vari credi.
"Era tutto normale e poi...?" "Poi la normalità è affondata."
Arriva per Piscine il momento di perdere l’Eden. Egli
comincia a farsi chiamare Pi: in quella “lettera greca simile a una piccola
casa con il tetto a lamiera ondulata” trova rifugio per non farsi più prendere
in giro. Dal simbolo della limpidità al “numero ambiguo e irrazionale con cui
gli scienziati si sforzano di interpretare l’universo”.
Il padre decide che la famiglia e lo zoo devono emigrare in
Canada. Gli animali vengono rinchiusi in gabbie nella stiva di un
transatlantico: si tenta di trapiantare l’Eden altrove. Una notte però il
paradiso va perduto, la nave naufraga e a Pi resta una sola parte, la più
scomoda, del vecchio mondo: la tigre dello zoo, con cui deve coindividere la scialuppa di salvataggio.
La tigre ha un nome umano: Richard Parker. D’altra parte,
nello zoo un cartello avvertiva che l’animale più pericoloso era… uno specchio. "Ormai vivevo seduto sopra una tigre", dice il protagonista, e noi non capiamo più bene dove finisce la tigre e comincia l'uomo.
Pi (greco) riesce a venire a capo della nuova, disperata situazione. Come? Da un lato addomesticando la tigre,
dall’altro dandole il cibo che non potrebbe procurarsi da sola: “Una parte di
me non voleva assolutamente che Richard Parker morisse, perché allora sarei
rimasto solo con la mia disperazione, che è un nemico ancora più temibile di
una tigre. Era Richard Parker a darmi la volontà di vivere. Impedendomi di
pensare continuamente alla mia tragica situazione, mi spingeva ad andare
avanti”.
Vita di Pi è una storia spirituale mascherata. Come scrisse Elemire Zolla, le vicende spirituali “a esprimerle direttamente si discioglierebbero come una medusa tratta a riva”, per cui l'insegnamento ha la forma di una divertente favola per adulti-bambini, o di un film che tra gli altri Oscar ha vinto anche quello per gli effetti speciali.
Pi e Yann Martel sopravvivono al naufragio
della loro vita perché nutrono la loro parte
istintivo-animale. Anche se quest'ultima potrebbe divorarli, è meglio non lasciarla morire, altrimenti accidia e disperazione avrebbero la meglio sull'essere umano.
"Ogni parte spiritualizzata dell'essere deve sempre mostrarsi giusta verso la parte dipendente e inconscia, e non esigere da essa più di ciò che può dare." (Gurdjieff)
"Ogni parte spiritualizzata dell'essere deve sempre mostrarsi giusta verso la parte dipendente e inconscia, e non esigere da essa più di ciò che può dare." (Gurdjieff)
Alla fine dell'opera, viene fuori una versione completamente diversa del naufragio, che smentisce tutto ciò che avevamo letto sino a quel momento. Sembra quasi che esistano due letture del mondo, quella limpida di Piscine Molitor e quella irrazionale di
Pi (greco).
La prima, credibile e razionale, va bene per gli assicuratori giapponesi che nell'ultimo capitolo chiedono come mai la nave sia affondata.
"Voi volete una storia che non vi sorprenda. Una storia che confermi quello che già sapete, che non vi faccia vedere le cose in modo più profondo o semplicemente diverso. Una storia piatta. Immobile. Solo la sterile e insipida realtà."
La seconda è la storia infinita e irrazionale di Pi (greco). È
quella che abbiamo raccontato finora, dell'uomo e la tigre sulla stessa
barca.
"La ragione è stata la mia salvezza. È indispensabile quando bisogna procurarsi cibo, acqua, un riparo. La ragione è una preziosa cassetta degli attrezzi. Niente è meglio della ragione per tenere lontane le tigri. Ma se siete troppo razionali, rischiate di buttare via l'universo con l'acqua sporca."
Non ci viene detto quale delle due storie corrisponda alla realtà, ma una cosa è certa: l'insegnamento spirituale si cela solo nella seconda versione, quella irrazionale.
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