Borges parla dell'irrazionale con linguaggio preciso, netto,
senza sbavature. Manifestando distacco, egli sente di più. Solo con
uno sguardo da lontano l'irrazionale si rivela in tutta la sua
portata. È difficile che una frase di Borges sia più lunga di due
righe. Le cose vengono qualificate con una sola parola, l'aggettivazione è
ai minimi termini. Neutralità e oggettività sono espedienti per approfondire lo
sgomento: se di fronte a un occhio chiaro i fatti restano illogici, l'uomo diventa impotente. Lo stile secco richiama
il lessico scientifico, ma solo per ribadire l'impossibilità di ogni scienza
(da scio, so, capisco). La mente arretra e il mistero si impone. Lo scienziato
ha sparato tutte le sue cartucce, ora l'unica possibilità riposa in una
meraviglia senza parole.
Anche le predilezione per la forma del racconto rientra nel gusto per la concisione e l'assioma scientifico. Spesso i fatti potrebbero trovare una spiegazione ordinaria, ma anche no. Per renderci conto che esiste qualcosa che va oltre le apparenze, è necessaria più di una lettura: "L'importante non è leggere, ma rileggere".
La lingua borgesiana evita iperboli e superlativi. Le
descrizioni sono brevi e chiare, eppure al lettore resta una sensazione di
mistero. Quest'ultimo può essere descritto, ma non risolto. Nelle Tigri
azzurre la matematica è in grado di descrivere il sovvertimento delle
regole, ma non di spiegarlo.
Borges viene dalla poesia. Quelli sono i suoi esordi
letterari. Ciò che ha misura contiene ciò che non l'ha, la densità suggerisce
la vastità. Il meno è il più: i racconti di Borges sono poesia in forma di prosa.
O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.
Grazie. Borges insegna l'eleganza dell'intelligenza.
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