Qui Dante sta dicendo una cosa importante per lui e tutti
gli artisti: l’arte può essere un ostacolo sulla via del paradiso. In quei casi occorre un giudice severo e imparziale che riporti tutti al Lavoro su di sé. Ai
piedi del Purgatorio, l’arte era stata mero intrattenimento: fine a se stessa e
non volta alla ricongiunzione con Dio, essa equivaleva a una perdita di tempo.
“Non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma
non c’è legame più sicuro col mondo che l’arte.” Goethe
Alla fine del Purgatorio (canto XXVIII), nel paradiso terrestre, ci viene detto che
tutti i poeti hanno sempre parlato, senza saperlo, di quest'ultimo. C’è una circolarità in questo
parlare di poesia all’inizio e alla fine del Purgatorio. Anche la poesia di Dante
si è mondata: la creatura celeste (stavolta Matelda) non censura più i versi, ma spiega
in cosa consiste l’autentica poesia.
La montagna del Purgatorio, ovviamente, è vasta alla base e più piccola man mano che si sale. Sulla spiaggia di partenza
ci sono ancora i “diecimila io”: salendo, il loro numero decresce di cerchio in
cerchio, finché nell’unico punto della vetta Dante è pronto a spiccare il
balzo nel Paradiso. In cima alla Montagna Sacra il poeta si è purificato dagli
“io” e in lui resta solo la Presenza.
Così la poesia di partenza, quella di Casella, era ancora la
poesia degli “io”, della falsa personalità, mentre la poesia del Paradiso Terrestre parla
di un nettare che sarebbe, secondo le parole angeliche, l’acqua del
Lete e dell’Eunoè, i fiumi che ivi scorrono (togliendo la memoria del peccato, cioé gli "io").
In mezzo c’è spazio per la famosa dichiarazione di poetica
(Canto XXIV):
E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando».
Prima deve esserci amore, dice Dante, poi possiamo scrivere. Poiché, per citare la Quarta Via, "Non c'è vero Amore senza Presenza" (e viceversa), il senso diventa: prima occorre purificarsi dagli “io”, poi, alla fine del Purgatorio, la vera poesia ci verrà incontro. Solo così l'arte può essere pratica spirituale e non ostacolo al raggiungimento del paradiso.
“Con profonda umiltà e pazienza attendere l’ora della
nascita di una nuova chiarezza: questo solo significa vivere da artista …
Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l’albero, che
non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza
l’ansia che dopo possa non giungere l’estate. L’estate giunge. Ma giunge solo a
chi è paziente e vive come se l’eternità gli stesse innanzi, così sereno e
spensierato e vasto.” Rainer Maria Rilke
O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.
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