venerdì 20 marzo 2015

Caravaggio


Le caravaggesche cappelle romane Cerasi e Contarelli sono ricche di messaggi esoterici. Entrambe hanno da un lato una tela con una conversione (o rinascita), dall’altro la rappresentazione di un martirio. Le due tele della "rinascita" (Conversione di San Paolo e Vocazione di San Matteo) sono caratterizzate da stasi, quiete e atmosfera sospesa; le tele della morte (Martirio di San Pietro e Martirio di San Matteo), da un ambiente animalesco e disarmonico. 

Nella Conversione di San Paolo il santo, nell’attimo della visione, si è separato dall’animale che stava cavalcando fino a poco prima. Il cavallo non è però fuori controllo: uno stalliere lo tiene per la cavezza. Non ci fosse lui, il cavallo potrebbe disturbare la visione di San Paolo, o addirittura uccidere quest’ultimo: in quel momento il santo è molto vulnerabile, sdraiato com’è al suolo.


Il significato della composizione potrebbe essere che nell’attimo della luce è essenziale avere già un buon controllo dei propri centri inferiori, o della propria parte animale: altrimenti la visione potrebbe interrompersi, portandoci anche alla morte.

Per trovare un esempio di ciò, basta considerare la vita del Caravaggio: nonostante la bellezza che produsse, non aveva un buon controllo dei propri centri inferiori. Gli attacchi d’ira a cui era soggetto lo portarono a compiere un assassinio, in conseguenza del quale sarebbe morto quattro anni dopo su una spiaggia dell’Argentario, mentre inseguiva una nave con le sue ultime opere: che erano tutto ciò che avesse mai avuto, in quanto i soggetti dei suoi quadri non si erano mai trasformati in vero “possesso” interiore.

Di fronte alla Conversione di San Paolo, abbiamo il Martirio di San Pietro: una crocefissione a testa in giù. Gli studenti di Quarta Via vi scorgeranno subito una frase che Gurdjieff avrebbe detto quattro secoli dopo: la via del Lavoro è "all’indietro e a testa in giù" rispetto alla vita. 

Nella Vocazione di San Matteo, i protagonisti sono seduti a semicerchio intorno a una tavola: rappresentano le età dell’uomo, dal bambino all’anziano. Il bambino si volta verso Gesù, mentre l’anziano chino sui soldi non si accorge di nulla: è l’idea della vita biologica come processo degenerativo, od "ottava discendente". Speranza vi è solo per l’età matura (Matteo), a patto che la luce cada direttamente sul suo volto.

Il Martirio di San Matteo è la tela che più ci ricorda la legge entropica dell'universo. Parafrasando Gurdjieff, l'influsso dell'Assoluto diventa più lento e pesante man mano che ci allontaniamo dall'impulso originario. Dalla quiete della nascita (il quadro di fronte, La Vocazione), passiamo al caos assoluto del martirio.

Questi fatti esterni sono in realtà allegorie della nostra interiorità. La vita stessa, con le sue leggi, ci trascina nel caos: anche se in noi c’è una scintilla divina, con il passare del tempo si offusca e diventa sottoposta a un numero sempre maggiore di leggi. Tenerla viva è uno sforzo quotidiano.

Che l’entropia aumenti, sembra il destino dell’universo. Chiunque abbia concepito queste tele (Caravaggio o altri) prevedeva però la possibilità di una Rigenerazione, di un’inversione dell’entropia: non in questo mondo, ma nell’invisibile mano angelica che si tende verso San Matteo, nell'istante del suo pagamento estremo.

O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.

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