martedì 17 marzo 2015

Casa, dolce casa


Recentemente ho traslocato, cambiando città dopo quaranta anni. Per l'occasione gli amici mi hanno scritto diverse cose belle. A esempio: “Ovunque tu andrai, con questo Lavoro ti sentirai sempre a casa, e pur stando nello stesso posto, sarà sempre nuovo... Così è la natura di questo Lavoro/stato, che ora è diventato più che mai una necessità di vivere, di essere”.

Basta poco per sentirsi a casa. La nostra casa può essere piccola come un respiro... o sconfinata come un respiro. Un monosillabo può riportarci a casa; aprire gli occhi, o chiuderli, può farci capire di essere stati "senza casa" fino a quel momento. Essere "fuori" o "dentro casa" è questione di una frazione di secondo. La soglia però è sempre visibile: anche se non c'è la classica "pietra di inciampo" dei templi Zen, va oltrepassata in modo rituale. Non è possibile, o non è nel corso ordinario delle cose, ritrovarci automaticamente da "fuori" a "dentro". Viceversa, basta un niente per farci "uscire": evidentemente, la pietra di inciampo è inclinata verso l'esterno. Si fatica solo a entrare.

Torniamo al respiro. Il Buddha si è illuminato con un respiro uguale a tutti gli altri: un respiro proprio come quello di questo momento. La differenza sta in ciò che "aggiungiamo" al respiro, nel modo in cui lo vivifichiamo. I Sufi vivificano il respiro con i novantanove nomi di Allah, gli esicasti con la preghiera di Gesù, altre scuole usano altre formule.

Gurdjieff diceva: ricorda te stesso sempre e dovunque. In concreto, raccomandava ai suoi studenti di sentire sempre dentro di sé: “Io sono, io sono”. Il ricordo di sé così inteso è uno dei modi per vivificare il respiro.

Quando si Lavora con ciò che è sempre disponibile, si è sempre a casa. Una volta lessi: “Home is where the heart is. 'Casa' è dove è il cuore”. Oggi non ci credo più, perché può indurre a pensare che un luogo sia meno “casa” di un altro. Extra ecclesiam nulla salus: cambiano le formule e le lingue, ma la sostanza resta la stessa. Per tanta gente ciò che conta è la "casa" - la chiesa - in cui si sta. Un Maestro di Quarta Via ha corretto quel detto inglese in: “Home is where one is present. 'Casa' è dove si è presenti”. Così ha più senso: il luogo fisico non ha importanza, perché "casa" è dove "io sono, io sono".

O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani. 


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