martedì 10 marzo 2015

La trasformazione della sofferenza



Può la lettura di un libro del fondatore della "Terza scuola di psicoterapia viennese" tornare utile al Lavoro di uno studente di Quarta Via?

La risposta è "Certamente sì", se l'autore è lo psicologo viennese Viktor Frankl e il libro Uno psicologo nel lager.

In sintesi, il libro racconta la lotta di un uomo cui "fu sottratta ogni cosa tranne la nuda esistenza" per dare ancora un senso alla vita. Frankl fu internato ad Auschwitz e in altri lager; moglie, padre, madre e fratello vi furono uccisi; soffrì quotidianamente fame, freddo e brutalità; attese la morte ora dopo ora, eppure trovò "un perché per vivere che lo aiutò a sopportare ogni come".

Dostojewski ha scritto: "Temo una cosa sola: di non essere degno del mio tormento". Frankl è sopravvissuto al campo di concentramento perché ha fatto l'unica cosa che ancora poteva fare: "sopportare il dolore con dirittura". "All'uomo nel lager si può prendere tutto, eccetto una cosa sola: l'ultima libertà umana di affrontare spiritualmente la situazione imposta."

Quello che Viktor Frankl ha fatto, in Quarta Via si chiama "trasformazione della sofferenza". A lui è venuta così bene da aver suscitato e attratto l'energia non solo per sopravvivere al lager, ma anche per diventare, successivamente, psicoterapeuta di fama mondiale.

"Una difficilissima situazione esterna dà all'uomo lo slancio necessario per superarsi interiormente": e cosa ha fatto lo psicologo viennese per superare l'immane sofferenza del lager? Come ha "vinto interiormente", per usare la sua espressione?

Operando in modo strategico e molto concreto, perché "la vita ... non è qualcosa di vago, ma di volta in volta qualcosa di concreto". Gettando le basi della sua futura psicologia logoterapica, Frankl vedeva e descriveva "da un superiore punto di vista scientifico" tutto ciò che lo tormentava, "obbiettivandolo". In tal modo riusciva a porsi "al di sopra della situazione". In altre parole, "distillava all'impersonale" le sue esperienze, "decantando teorie oggettive" dal nucleo del vissuto soggettivo.

In Quarta Via ciò si chiama trasferirsi nelle "parti intellettuali dei centri", perché lì (in particolare nella parte intellettuale del centro emozionale) è il solo punto da cui un uomo può trascendere se stesso, separandosi da ciò che gli sta avvenendo. Parte di questo processo consiste nell'uso e sviluppo di un linguaggio che faciliti l'osservazione distaccata di se stessi: cosa che Frankl fece anche nel campo di concentramento. 

Altri Maestri avrebbero usato forse differenti vie. Osho avrebbe probabilmente parlato di "sviluppare il testimone interiore"; ieri (6 marzo) sul profilo Facebook di Thich Nhat Hahn è apparso il seguente "aggiornamento di stato": "Non prendere rifugio in niente di astratto. Prendi rifugio in qualcosa di molto concreto: la tua inspirazione". Il messaggio è di una praticità tale che sarebbe piaciuto a Viktor Frankl. Il respiro è sempre alla nostra portata, così come la divina Presenza o il testimone interiore.

A chi gli chiedeva "Qual è il significato della vita?", Frankl rispondeva: "Non si può rispondere, perché è come chiedere a un giocatore di scacchi quale sia la mossa migliore". Non esiste una sola risposta, giacché il significato della vita dipende dal momento, così come la migliore mossa scacchistica dipende dalla situazione del gioco. A volte, il senso della vita sta in un certo modo di guardare, a volte di camminare, altre volte di respirare, altre volte ancora di essere

Ho cominciato questo articolo parlando di studenti di Quarta Via. In realtà, non conosco nessuno a cui questo libro non avrebbe molto da insegnare. Il messaggio è sempre lo stesso, ma sorprende ogni volta: "Dio scrive dritto usando righe storte".

O voi che avete l'intelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.


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