Esistono luoghi magici e bellissimi intorno a Roma. Uno è il Pozzo del
Merro, vicino Mentana, dove Federico Zeri fece "l'esperienza del
numinoso" e capì "il paganesimo molto più che attraverso la lettura
degli autori classici"; un altro è il Sacro Speco di Subiaco, dove
ugualmente si possono fare esperienze particolari e capire il cristianesimo più
che attraverso tante letture. Purtroppo, il primo è oggi chiuso e
inaccessibile, ma il secondo è ancora visitabile. Qui, sotto al convento
benedettino, c'è una "terrazza dell'infinito" dove una volta (dice la leggenda) il giovanissimo S. Benedetto si gettava tra i rovi quando sentiva il pungolo di Eros. Nel
Duecento questi rovi sarebbero stati trasformati da S. Francesco in cespugli di rose. Successivamente, il posto sarebbe diventato il cimitero del convento.
Otto secoli dopo
Francesco apre la mano in
queste pietre,
semina piante sulle piante.
Come onde,
lascia che le storie antiche si
rompano
al suo
petto.
Sospettoso di ogni
rilassamento,
solo qui, al limite della
vita,
allenta un luogo.
I rovi, rose. Il sangue, un fiore.
Occorreva morbidezza anziana,
chi avesse già visto un orto
slacciare
una selva.
Guarda oggi, ragazzo, queste
storie
trovare una via a te, navi al
porto.
Le ossa dei monaci stanno
fiorendo.
Francesco è sul muro,
l’occhio sinistro
più ampio.
Tu a un bivio, stai per
indicare chi sarai.
Chi si recasse a Subiaco non
dimentichi di vedere il laghetto di S. Benedetto, sulla destra subito
prima di salire al Sacro Speco. Ha una cascata e una rupe da
cui i più coraggiosi (l’acqua è gelida anche d’estate) possono tuffarsi.
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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