giovedì 22 gennaio 2015

Simposio



C’era una cosa strana a cui non avevi mai fatto caso: l’uomo antico si faceva seppellire con i suoi calici e le sue anfore. A pensarci bene, chi si farebbe tumulare con i propri bicchieri, oggi?

Una sera ti capitò di partecipare a un simposio sul modello degli Antichi e in mente ti balenò una spiegazione diversa da quella ufficiale, secondo cui quelle suppellettili dovevano contenere offerte per l’Oltretomba.

Alla luce delle torce, sotto le stelle del solstizio, con i calici pieni e guidati da una “fiammeggiante” simposiarca che orientava la conversazione sull’Amore, ti venne in mente che per l’anima degli Antichi il simposio doveva essere un momento di particolare importanza, tanto che ci si faceva seppellire con il suo corredo: un po’ come oggi si va sotto terra con croci o rosari.

Arduo è fare discorsi da Simposio durante un simposio: intensa doveva essere l’attenzione degli Antichi, notevole il loro sforzo per essere più forti del vino e ragionare a lungo d’Amore. Il risultato era forse un pezzetto d’anima, qualcosa che si pensava potesse seguirci nell’aldilà.

Mentre uno ricorda se stesso, sta nel contempo creando il proprio sé, il proprio corpo astrale.”

L’atto stesso del parlare era delicato, perché facilmente le parole velavano la Presenza. Tra vino, cibo e parole il simposio appariva una buona palestra per il ricordo di sé, dunque per l’anima.

Tanto più difficili le circostanze della vita, tanto più produttivo il Lavoro – sempre che ti ricordi il Lavoro”.

La terrazza in cui vi trovavate era uno spazio creato da voi con amore e dedizione, non un luogo altrui preso a prestito. Anche questo aveva la sua importanza. Ognuno dovrebbe essere costruttore del proprio tempio e solo di tanto di tanto vivere di rendita negli spazi altrui. L’amore con cui stavate creando quella casa e quel terrazzo vi sosteneva e spingeva più in alto. Per mano tenevi non solo gli  studenti della Quarta Via – gli amanti di Gurdjieff, di Rumi, di Hafiz – ma anche Aristodemo, Aristofane e Socrate. Tante cose che avevi fatto sino a quel momento, te ne accorgevi, altro non erano che un pagamento per essere su quel terrazzo, quella sera.

L’antichità è ora e sempre, il Presente era anche allora.  

Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai

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