Da
qualche tempo Rizzoli ci permette di fare la più indiscreta delle azioni:
curiosare nel diario dei sogni di un altro. L’altro è Federico Fellini e i suoi
privatissimi appunti onirici sono diventati Il Libro dei Sogni.
Non conosco nessun’altra persona il cui diario dei sogni si sia trasformato in
un libro di lusso.
Un
personaggio che appare nei sogni felliniani con tratti semidivini, seppure una
sola volta, è Carlos Castaneda.
Fellini
lo inseguì quindici anni per trarre un film dai suoi libri. Quando però si recò
in America per realizzare questo progetto, insieme allo scrittore Andrea de
Carlo nelle vesti di sceneggiatore, si verificò una serie di eventi bizzarri.
Per chi non conoscesse l’argomento, il viaggio è stato raccontato da Fellini
sul Corriere della Sera e in un fumetto illustrato da Milo Manara, Viaggio
a Tulum (qui un’ottima intervista al grande riminese sull’argomento); il punto di vista di
Andrea de Carlo è nel romanzo Yucatan (qui una sua intervista); l’opinione di Carlos Castaneda su Fellini è
nell’intervista da lui rilasciata a Cesare Medail;
il sito di una delle donne che venne coinvolta a LA in questo rocambolesco
viaggio è invece qui.
Si vede
subito che la materia è aggrovigliata e probabilmente inestricabile. A me
ricorda un koan Zen, ovvero “una domanda per cui non esiste risposta”.
Qui si
metterà in luce una piccola coincidenza. Castaneda parla di Fellini
esclusivamente dal punto di vista del cibo: ci dice che mangiava male, tanto da
“spaventarlo”. Questo dettaglio di per sé non rivela nulla; il fatto è che nel
libro di de Carlo (“vero al settanta per cento”) vediamo che i rapporti tra
Castaneda e Fellini cominciano effettivamente a raffreddarsi durante una cena
al ristorante, allorché Fellini esprime negatività sul cibo, il servizio,
l’ambiente ecc.
Ho la
sensazione che Fellini sia stato in qualche modo esaminato e bocciato da
Castaneda, che ciò sia avvenuto a tavola e che la cosa abbia avuto conseguenze
sul seguito del viaggio.
Il modo
in cui stiamo a tavola e mangiamo non è un dettaglio trascurabile. Molte
tradizioni spirituali sottolineano l’importanza di questo momento: chi sa
controllarsi a tavola sa controllarsi anche in altre aree della vita. Senza
andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, ricordiamo che in italiano le
“posate” si chiamano così perché vanno deposte tra un boccone e l’altro. Nella
Quarta Via oggetto del presente blog, Gurdjieff (che secondo alcuni è stato
molto letto e studiato da Castaneda) diceva a coloro che parlavano mentre
mangiavano, che se Dio ci avesse dato due bocche, non c’era problema; ma
siccome ce ne aveva data una sola, il mangiare doveva avvenire in silenzio.
Diceva anche: “L’uomo non deve mangiare come un animale, ma consapevolmente” e
“L’uomo che sa mangiare correttamente, sa anche pregare”. Modi diversi per dire
la stessa cosa: bisogna mangiare con presenza.
Va da sé che in questa interpretazione si dà molto peso al poco che è
stato detto da Castaneda, e poco al molto che è stato detto da altri. Sicuramente ci
sono altri fattori: Fellini non eseguì gli esercizi che Castaneda
gli aveva dato a Roma e questo può aver pesato sull’eventuale “bocciatura”. Ma se tutta questa
vicenda, come sembra, è un grande koan, non se ne verrà mai a capo.
Ricavarne qualche lezione utile per il nostro presente sarebbe già tanto.
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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