Qualche tempo fa, con amici da tutto il mondo feci un
viaggio a Itaca che fu un “viaggio a Itaca” in tutti i sensi. Forse su questo blog parlerò
più in dettaglio di quel viaggio. Per ora mi limiterò a dire due, tre cose sull’episodio
delle sirene, perché lo studio dell’Odissea come metafora del cammino interiore
faceva parte di quel viaggio.
Sulla nave che costeggiava lo scoglio delle sirene c’era un solo uomo che sarebbe arrivato fino a Itaca: era l’unico che non stava
remando, che non si era tappato le orecchie, che si stava esponendo
completamente ai rischi del viaggio. Tutti gli altri – che sudavano sì ai remi,
ma comodi e sicuri nelle loro orecchie tappate – Itaca non l’avrebbero mai vista.
Esponendosi al pericolo, e attraversandolo indenne, Ulisse raccoglieva l’energia
necessaria ad arrivare a Itaca. Ma come si esponeva al pericolo, Ulisse?
1) con
le istruzioni divine ricevute da Circe (una semidea che l’aveva istruito ben
bene prima di lasciarlo partire);
2) con
l’aiuto dei compagni di viaggio;
3) delineando
in anticipo una strategia precisa (si farà legare all’albero maestro e se
cercherà di liberarsi, i compagni dovranno rafforzare i nodi).
Detto in altri termini, Ulisse “lavora in modo preciso con
qualcosa di preciso”; ovvero, il passaggio di Ulisse attraverso
le sirene è una metafora della vita spirituale secondo gli insegnamenti di
Gurdjieff. Nella Quarta Via creata da questo ultimo, ci si espone alla vita, ci
si appoggia sui compagni di viaggio (e li si appoggia), si fa affidamento sull’aiuto
dall’alto e si cerca di avere una strategia che aiuti ad attraversare indenni il
pianeta Terra.
Un’altra cosa. Vincendo le sue sfide, Ulisse sviluppa energia
sufficiente a salvare non solo se stesso, ma anche i suoi compagni di viaggio. Questi
ultimi combinano disastri e si perdono definitivamente solo allorché Ulisse
dorme. La prima volta, quando sciolgono l’otre dei venti offerto da Eolo; la
seconda, quando mangiano le vacche sacre a Zeus.
Anche questa è una metafora di una Scuola spirituale o dei
Misteri. In quest’ultima, è noto, si sta sotto l’ombrello di un Maestro, il
quale sperabilmente sa creare l’energia sufficiente ad aiutare non solo se
stesso, ma anche gli altri. L’Odissea ci insegna che bisogna fare molta
attenzione a quei momenti in cui, per i motivi più svariati, l’ombrello si
chiude. Spesso (coincidenza?) ciò avviene proprio mentre stiamo passando sotto una
grondaia.
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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