Qualche
post fa ho accennato ai libri di Osho.
È
noto che essi sono la trascrizione dei suoi discorsi pubblici (tranne uno, che
raccoglie le sue lettere).
Voglio
qui offrire le mie personali “Istruzioni per l’uso”.
Quando
Osho parlava di non-sforzo, non-fare, lasciarsi andare ecc., aveva davanti a sé
uomini e donne che avevano rivoluzionato
la propria vita per stare il più vicino possibile a lui: alcuni lavoravano
gratis dieci ore al giorno, altri avevano rinunciato alla carriera, tutti per
diversi anni dovevano vestire di rosso e portare una foto di lui al collo. A
persone che erano arrivate a tali livelli di sforzo e di pagamenti, Osho diceva
“Lasciatevi andare”; non si rivolgeva a generici lettori comodamente seduti
sulla poltrona di casa.
Il
Maestro di Pune sosteneva che cose meravigliose nascono ogni qualvolta si
congiungono gli opposti, e dunque invitava ad abbandonarsi con metodo,
sforzarsi in modo rilassato e innamorarsi in piena coscienza: “Cammina senza piedi, vola senza ali e pensa
senza mente.”
Per
due ore circa, tutti i giorni, i suoi ascoltatori restavano seduti immobili
davanti a lui. È in quello sforzo supremo che venivano gettati i semi del non-sforzo.
Oggi quei discorsi sono diventati in qualche caso libri di successo, ma tutti sono
frutto del rapporto Maestro/discepolo. Non sarebbero esistiti se qualcuno avesse
semplicemente messo in mano a Osho un microfono, nel chiuso della sua stanza.
Fino
a pochi anni fa, davanti alla sua casa indiana c’erano ancora i cigni che tanto
amava. Essi scivolavano con grazia e apparentemente senza fatica sull’acqua, ma
a guardare bene le loro zampe si muovevano incessantemente: un invisibile
sforzo che rendeva possibile ogni cosa.
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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