“Bisogna attraversare l’acqua con la candela accesa” (Nostalghia, 1984)
Tanto tempo, tanta vita ci vogliono
per iniziare a capire Nostalghia di
Tarkovsky.
La traversata dell’acqua è
possibile solo mentre la vasca viene pulita, quando i relitti del fondale sono
portati alla luce e rimossi. Una volta portata la fiamma sull’altra
sponda, il nostro compito è finito.
L’acqua “calda e fumante” può
essere la vita su questo pianeta; la candela che non si deve spegnere, l’anima; il passaggio del fuoco sull'acqua, l'incarnazione in un ambiente ostile che potrebbe ghermirci in un attimo. Pulire la vasca vuol dire allora diventare consapevoli di noi stessi e dei nostri fantasmi (i
rifiuti), mentre la morte del protagonista simboleggia il compimento del nostro ruolo.
Come le migliori esperienze della vita
(l’amore, la creatività, la presenza, la meditazione – ma sono poi diverse?),
la visione di film del genere dovrebbe avvenire in compagnia, essere un’emozione
condivisa.
Le lunghe scene in cui non accade
niente chiamano alla contemplazione, e la contemplazione è uno stato d’animo
che più è condiviso, più si approfondisce.
Tarkovsky negava che nei suoi film
vi fossero simboli e metafore: non è vero, ma proviamo a essere felici come
voleva lui. Lasciamo che all’orizzonte baluginino significati di cui non
saremo mai certi, vediamo le cose come se ci apparissero per la
prima volta e scorgiamo negli eventi altrettante occasioni per nutrire il
nostro sguardo emozionato.
Accontentiamoci di guardare. Alla fine,
la TV o il cinema hanno questo di buono: che sono dei quadrati che focalizzano
l’attenzione, e l'attenzione concentrata (non affascinata) può essere un primo passo verso uno stato più elevato.
"È il tempo che dedichi alla tua rosa che la rende così preziosa." (Il Piccolo Principe)
Nostalghia è un supporto per la contemplazione attiva, un luogo d’incontro tra il mondo e l'anima: tanto ci basta per dare un senso elevato al film.
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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