Alcuni
dicono che con la morte non si possono fare le prove. Forse però basta andare
da soli a qualche evento commerciale o in certi mall e questo diventerà
possibile. Netta sarà la sensazione di trovarsi dentro un ingranaggio, con
tanto di ruote dentate, che ci starà stritolando, oppure nella bocca di un
mostro che si nutre di anime. Fondamentale sarà essere soli, senza la
distrazione di amici o parenti. Allora non si potrà che cercare di aprirsi e
abbracciare il tutto, ovvero “fare le prove con la morte”.
Mi
è capitato recentemente di trovarmi, di notte, a un evento del genere che
richiamava grandi folle. Estrarre presenza da quella situazione mi è sembrato
come cavare acqua da una roccia. Ma il bello è che anche nelle rocce c’è acqua:
lo dimostra Mosè, che l’ha fatta sgorgare picchiando con il bastone.
“In qualsiasi situazione, può mancare solo
ciò che tu non hai dato” (Un corso in miracoli).
La
via del Lavoro è all’indietro e a testa in giù rispetto alla vita, dice Gurdjieff. Cercare acqua nella roccia è un movimento
opposto alla corrente ordinaria della vita. A esempio, mantenere il cuore morbido e aperto in certi
posti e con certe musiche può essere un modo di rendere più porosa
la roccia che a volte abbiamo nel petto.
Importante
è sempre, comunque, verificare l’atteggiamento verso gli altri. Se mi sembra di essere in uno stato elevato, ma poi riconosco ancora in me una condanna verso
quanti mi circondano, posso sicuramente fare di meglio. Uno stato elevato deve
accogliere tutta l’umanità che mi sta intorno. Non può escluderla, tantomeno
essere accompagnato da ostilità nei suoi confronti.
I tibetani hanno una bella espressione per indicare la morte:
“L’unione della madre con il figlio”. E come si possono unire, madre e figlio,
se non abbracciandosi?
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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