I Pensieri di Marco Aurelio sono un’opera atipica, per non dire
unica, nel panorama letterario dell’antichità. Il loro incipit, ovvero il primo
libro, è a sua volta sorprendente: una stranezza nella stranezza.
In questo primo libro Marco
Aurelio elenca tutte le persone importanti della sua vita, ringraziandole per
quanto di buono gli hanno dato: “Da mia
madre, il sentimento religioso, l’altruismo… Da mio padre, la modestia e il
carattere virile…”, e così via per sedici personaggi più gli dèi.
Lo stile è solenne, grazie all’elisione del verbo “ho ricevuto”, che conferisce al primo capitolo un’essenzialità
epigrafica.
Questo mettere per iscritto tutte
le persone che ci hanno dato qualcosa di buono, riconoscendole e
ringraziandole, è un procedimento che ha avuto un certo seguito, ma forse nessun
precedente.
Oggi, in certi rami della
psicologia, è prassi comune. Anche a me è capitato più volte di ricevere carta e penna da uno psicologo
o un conduttore di “gruppi di crescita”, per scrivere le cose positive che avevo preso da genitori, parenti,
amici ecc. È una bella pratica: sviluppa la gratitudine, distoglie l’attenzione
da se stessi e allo stesso tempo ci permette di conoscerci meglio.
Quando
però lo faceva Marco Aurelio, intorno al 170 d.C., sembra che nessuno ci avesse
già pensato. Spulciando un po’ la bibliografia al riguardo, viene fuori che all’epoca i modelli
più vicini al primo libro marcoaureliano fossero i testamenti, i cataloghi, gli
inventari o addirittura le formule delle quietanze: tutte cose ovviamente molto
distanti dallo spirito di questa opera.
Anche se tanta letteratura antica
non ci è pervenuta, allo stato attuale delle conoscenze sembra che il
primo libro dei Pensieri
marcoaureliani sia stato un colpo di genio che ha anticipato di millenni pratiche
della psicologia moderna, come il “diario della gratitudine” e la cosiddetta “psicologia
positiva”.
Oggi, quando sui social network veniamo
invitati ad attività tra il serio e lo scherzoso tipo “Scrivi tre cose al
giorno per cui ti senti grato”, sappiamo che sotto sotto c’è un po’ di Marco
Aurelio.
“Adatta te stesso alle cose a cui la sorte ti ha assegnato. E ama,
ma veramente, gli uomini coi quali il destino ti ha unito.”
Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai
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