Gli
haiku sono come i mandala: destinati a scomparire. Non durano. Ogni settimana, nelle riviste specializzate si pubblicano
splendidi haiku che dopo poco tempo nessuno ricorda. Come i mandala, gli haiku
non possono fare ego nel poeta. Si autodissolvono.
Cosa
resta degli haiku di dieci anni fa? Oggi le riviste specializzate esistono solo in
formato digitale: che ne sarà tra dieci anni? Si tramandano solo gli haiku
degli scrittori più noti: Margherita Guidacci, Tomas Transtromer.
L'haiku è figlio del momento: passato il momento, passano anche gli haiku.
Di fatto, la forma stessa dell'haiku spinge lo scrittore verso il nulla. Egli deve farsi sempre più
essenziale, fino a ridursi a diciassette sillabe. In un haiku, il non-detto è più
del detto; in un libro di haiku, il rapporto pagina bianca/pagina scritta è di nove
a uno. L’intelligenza del lettore di haiku si deve tendere sino a colmare i
vuoti, udire i silenzi.
L’haijin, il poeta di haiku, riduce al
silenzio tutto ciò che non è indispensabile: suo scopo è far apparire la porta
stretta (e breve) che mette in collegamento due mondi. Gran parte del lavoro dell’haijin consiste nell'eliminare.
L’haiku
è quella forma di poesia che aumenta con il non-detto, viene migliorata da
ciò che è lasciato fuori. È come un altro modo di respirare: del respiro ha la
misura breve, la concretezza e il fatto che può esistere contemporaneamente su
due piani, materiale e spirituale.
L’haiku
lascia che sia il lettore a coprire la distanza che lo separa dal poeta. Come in tante
opere dello Spirito, questo genere letterario richiede uno sforzo superiore
alla media. “Ciò che conta non è leggere, ma rileggere”, insegnava Borges. Il colpo
d’ali richiesto al lettore lo aiuta ad avvicinarsi all’esperienza generatrice dell’haiku.
Ouspensky sosteneva che gli stati elevati di consapevolezza sono momentanei: se durassero,
potremmo star certi che sono frutto di immaginazione, perché ora come ora non
abbiamo l’energia sufficiente per sostenere la consapevolezza prolungata. L’haiku
è lo stato elevato di consapevolezza così come ci appare più spesso: fulmineo
e incantevole.
(C’è una buona notizia: Ouspensky aggiunse che continuando a Lavorare, gli stati di consapevolezza sarebbero diventati più frequenti, profondi e duraturi. Ergo, anche gli haiku
emergeranno da uno spazio sempre più profondo e lasceranno una scia sempre più
duratura.)
Ed elli a me: Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va sù, e men fa male.
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