L’autobiografia
di John Godolphin Bennett comincia curiosamente con la mia data di nascita. A pagina
uno vi è la sua ultima foto in vita: 12/12/1974, un giorno prima della sua
morte.
Ecco cosa
c’è dopo, ovvero prima, di quella data.
Nella vita di Bennett ciò che era possibile è stato reso difficile, ciò che era impossibile è stato reso facile. Il cammino spirituale ha richiesto sforzi sovrumani, l'esperienza della morte in vita è avvenuta più volte e spontaneamente.
L’inizio e la fine del libro sono due esperienze di pre-morte: ma se nel marzo 1918 Bennett aveva visto solo che poteva essere senza il
corpo, nel gennaio 1972 si rese conto che poteva fare a meno anche della mente.
Tutto ciò che è avvenuto prima del marzo 1918 non conta: "Mi conquistai il vero inizio della vita con il sapore della morte" è la seconda frase del libro.
Tutto ciò che è avvenuto prima del marzo 1918 non conta: "Mi conquistai il vero inizio della vita con il sapore della morte" è la seconda frase del libro.
Nel 1923, entrano in scena Gurdjieff e il suo Instituto di Fontainebleau. “Nessuno può fare il
Lavoro per te, ma è anche vero che tu non puoi creare da solo le condizioni per
il Lavoro. Pertanto, io creo le condizioni": così il
Maestro armeno dà il benvenuto a Bennett, e da quel momento il supersforzo diventa una costante della vita di quest'ultimo. Il corpo deve diventare un servitore, imparando a obbedire “senza pietà”. Bennett
si costringe (parole sue) a lavorare ancora più duramente degli altri. Un giorno
non riesce ad alzarsi dal letto, trema dalla febbre e si sente mortalmente infelice:
ma ecco che, posseduto da una volontà più grande della sua, si sorprende ad avviarsi al turno
di lavoro. Compare Gurdjieff che assegna a tutti gli studenti un esercizio di “assurda
complessità”. In pochi trovano la forza di portarlo avanti: tra questi,
Bennett. Passano i minuti ed egli sente tutta l’attenzione di Gurdjieff su di lui: “Vi era una richiesta senza parole che era allo stesso tempo
un incoraggiamento e una promessa. Non dovevo cedere, anche se dovessi morirne”.
E lo sforzo viene premiato. Bennett accede a uno stato di coscienza mai prima
sperimentato: “Improvvisamente, venni riempito dal flusso di un immenso potere.
Il mio corpo sembrava essersi trasformato in luce”. La fatica scompare, l’esercizio
viene eseguito senza difficoltà, ogni acciacco fisico si dissolve. All'orizzonte balenano poteri soprannaturali: per il
ventiseienne inglese è “l’esultanza nella fede che può smuovere le montagne”.
Quella sera,
Gurdjieff gli parla. Gli dice che ha fatto l’esperienza del contatto diretto
con “il grande accumulatore di energia”: per un uomo, è il massimo della vita. Ma
lui è solo agli inizi. Pochissime persone hanno un potenziale grande quanto
lui: se lo desidera, può restare nell’Istituto anche senza pagare un centesimo
(offerta rara da parte di Gurdjieff).
Bennett
declina. Di fronte all’immensità di quell’esperienza, sceglie di tornare
alla vita di prima. Diventa ingegnere (senza alcuna formazione) e dirigente industriale, con successo. La Quarta Via, però, non può essere abbandonata, dice Rodney Collin: la si può interrompere per periodi più o meno lunghi, ma uscirne è
impossibile. Bennett comincia a frequentare Mr. e Madame Ouspensky, soprattutto
cerca di riavvicinarsi al “grande accumulatore di energia” imponendosi sforzi
sovrumani. In un weekend, legge ad alta voce tutto il manoscritto dei “Racconti
di Belzebù”, milioni e milioni di parole. I risultati non lo soddisfano. Quando
Ouspensky e signora partono per gli USA, la risposta di Bennett è diventare
maestro a sua volta: fonda una comunità di Quarta Via, pur non avendo ricevuto
l’autorizzazione da nessuno, e con questo stratagemma tiene vivo il suo lavoro.
Nel
1948 Bennett viene a sapere che Gurdjieff è ancora vivo a Parigi e si reca da
lui come l’assetato nel deserto. Di fronte all’enigmatico Maestro, rinasce. Ottiene
un ruolo di primo piano nella sua cerchia. Poi Gurdjieff lascia il corpo nel
1949. Per i suoi studenti, l’unica speranza da questo momento è restare
uniti: mancando la vicinanza di un Maestro del calibro di Gurdjieff, possono
andare oltre se stessi solo Lavorando all’interno di una Scuola. Bennett è d’accordo,
ma proprio lui sarà tra i primi a deviare. [Segue]
Ed elli a me: questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va sù, e men fa male.
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