domenica 12 aprile 2015

Cento anni fa


Cento anni fa, forse proprio nella settimana tra il 6 e il 12 aprile 1915, Piotr Demjanovich Ouspensky incontrava Georges Ivanovitch Gurdjieff. È un incontro che ha fatto la storia come quello tra Dante e Beatrice sulle rive dell’Arno, o tra Socrate e Platone sotto i marmi dell’Acropoli.

Per l’occasione rileggiamone il racconto, al capitolo uno di Frammenti di un insegnamento sconosciuto.

Me ne ricordo molto bene…” è l’incipit quanto mai beneaugurante, poiché la Scuola di Gurdjieff è la Scuola del Ricordo. Tuttavia, già un capoverso sotto Ouspensky aggiunge: “Non ricordo l’inizio della nostra conversazione”, e alla pagina successiva “Mi è difficile ricostruire l’inizio della conversazione con gli allievi di G.”: qui Ouspensky assomiglia a tutti noi, uomini addormentati che non sappiamo bene come entriamo nelle situazioni della nostra vita. Le cose ci accadono, non siamo ancora in grado di fare

Eravamo arrivati in un piccolo caffè lontano dal centro…” Ecco l'inizio della tradizione, ancora viva dopo cento anni, di tenere gli incontri di Quarta Via in caffè o atri d’albergo.

Vi era un uomo … che mi colpì subito perché sembrava del tutto fuori posto in quel luogo e in quell’atmosfera … Quest’uomo dal viso di Rajah indiano o Sceicco arabo, produceva, in quel piccolo caffè di bottegai e rappresentanti … l’impressione inattesa, strana e quasi allarmante di un uomo … che non è ciò che pretende di essere.” Gurdjieff è in un ambiente antitetico al suo essere e il contrasto genera energia. Ouspensky comincia ad avvertire che davanti a lui è in atto qualcosa di insolito: una persona si mette volontariamente in una situazione di attrito, perché quest’ultimo alimenta il suo lavoro interiore.

G. parlava un russo scorretto con un forte accento caucasico, e quell’accento, al quale siamo abituati ad associare qualsiasi cosa eccetto che idee filosofiche, rafforzava ancora la stranezza e il carattere sorprendente di quella impressione.” Non solo Gurdjieff è in un presente inatteso: anche il suo passato è sorprendente. Si intuisce che per arrivare lì dove è ha compiuto una lunga strada, costellata di attriti trasformati in carburante per qualche processo interiore.

“… Mi parve che mettesse in ogni risposta molto più di quanto gli chiedessi. Mi piaceva il suo modo di parlare che era, a un tempo, prudente e preciso.” Tutto l’incontro è all’insegna dell’equilibrio tra gli opposti, dell’elettricità tra i contrari. Gurdjieff è un rajah in un caffè di bottegai, parla di filosofia con una lingua da mafioso, si esprime in modo generoso e riservato. Ouspensky è magnetizzato.

Non lo capivo bene.” Eppure, in un certo senso, Ouspensky capì benissimo, tant’è che alla fine dell’incontro si rese conto di dover chiedere subito un altro appuntamento, altrimenti rischiava di “perdere ogni contatto con lui”. La vera comunicazione tra Ouspensky e Gurdjieff stava avvenendo oltre le parole, a livello sottile. I discorsi erano solo un pretesto.

Tutto quanto G. aveva detto mi aveva profondamente interessato. C’erano, lo sentivo, punti di vista nuovi, diversi da tutto quanto avevo incontrato fino a quel giorno.” Ouspensky non era l’ultimo arrivato, ma un conferenziere e uno scrittore di successo, proprio sui temi dell’esoterismo. Conosceva bene l’ambiente, e se ci dice che quei discorsi suonavano assolutamente nuovi nel 1915, possiamo credergli: dopo cento anni, producono lo stesso effetto.

I due prendono una vettura e si recano in un appartamento, secondo Gurdjieff, lussuoso e costosissimo; secondo Ouspensky, di proprietà comunale, disadorno e dato in affitto gratuitamente. “C’era qualcosa di così singolare in questo bluff troppo scoperto che io pensai subito dovesse avere un significato particolare.” Il camuffamento prosegue. Tra le apparenze e la realtà, i fatti e le parole, c’è una distanza in cui l’uomo ordinario rischia di smarrirsi. Urge trovare punti di riferimento e attenervisi: anche il discepolo deve cominciare a essere attivo, o il suo apprendistato si è già concluso.

Le impressioni contrastanti aumentano. Nello stanzone comunale ci sono altri studenti di Gurdjieff, ma: “Gli allievi non potevano competere con il maestro. Appartenevano tutti a quel particolare ambiente piuttosto povero dell’«intellighenzia» moscovita … dal quale non potevo aspettarmi nulla di interessante”. Gurdjieff, dopo aver mostrato la parte positiva dell’Insegnamento (lui stesso, con la sua energia), sottopone l’aspirante allievo alle prime prove: ostacoli da superare per cominciare a meritarsi l’Insegnamento stesso.

Sentivo in loro qualcosa di calcolato e artificiale, come se recitassero una parte imparata in precedenza.” Un’altra tradizione di Quarta Via.

G. non rispose nulla e la conversazione si interruppe. Ma io avevo subito sentito in G. qualcosa di straordinario, e man mano che la serata avanzava, quell’impressione non aveva fatto che rafforzarsi.” Ouspensky è ora lasciato solo a se stesso: deve trovare al proprio interno le ragioni per continuare a frequentare Gurdjieff. D’altra parte, anche nel silenzio prosegue la trasmissione tra Maestro e discepolo.

E qualcosa effettivamente è cambiato: per la buona sorte di centinaia di migliaia di persone, Ouspensky capisce in un lampo che al momento del commiato deve ottenere un altro incontro, o potrebbe non vedere più Gurdjieff. "L’indomani, stesso posto, stessa ora", è la risposta di Gurdjieff. Sottinteso: bisogna cominciare a essere regolari e continuativi nei propri sforzi.

Poi Ouspensky se ne va con un giovane studente di Gurdjieff. Ha la tentazione di fare una battuta stupida, ma si trattiene: la camminata tra i due avviene in silenzio e ciò depone a favore di entrambi. Con questo esempio di proficua continenza, si conclude il resoconto di quel giorno di cento anni fa. La sua onda lunga ancora trasforma uomini e donne di tutti i continenti.

Ed elli a me: Questa montagna è tale,
 che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va sù, e men fa male.

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