mercoledì 22 aprile 2015

Gurdjieff a Roma


In Incontri con uomini straordinari Gurdjieff racconta di essere stato a Roma in gioventù. Non avendo soldi, avrebbe cominciato a fare il lustrascarpe con scarso successo, fino a quando non aggiunse un fonografo Edison e altri ammennicoli alla poltrona dei clienti, per intrattenerli. Grazie a essi, il successo non si fece più aspettare.

L'episodio marginale non ha ricevuto molte attenzioni. James Moore lo considera verosimile, collocandolo intorno al 1890. L'associazione La Teca gli ha dedicato la copertina di settembre 2010 della sua rivista e un articolo a firma di Michele Pirolo. Questo articolo aggiunge al racconto dettagli presi da chissà dove (l'ambientazione a Via Veneto, la presenza di una nutrita concorrenza) e un errore, quando dice che "sicuramente" Gurdjieff tornò in Italia nell'agosto 1949 per partecipare a una conferenza a San Remo con la dottoressa Montessori. Vi partecipò invece Bennett, che poi avrebbe ragguagliato Gurdjieff in un caffé parigino. A parte questo, anche Michele Pirolo sembra credere alla storicità del soggiorno romano di Gurdjieff.

Le fonti sono scarse (di fatto, si riducono a Incontri con uomini straordinari), per cui è impossibile trovare riscontri. Nella sua autobiografia, Bennett scrive che Gurdjieff amava improvvisare racconti simbolici, come quando raccontò l'aspetto del suo futuro chateau, negli ultimi mesi di vita. Un architetto lo prese sul serio e cominciò a parlare di artigiani che avrebbero potuto decorarlo. Gurdjieff lo apostrofò così: "Idiota! Nessun artista può fare come io necessito". Per Bennett, "era evidente a tutti coloro che conoscevano il suo idioma" che l'intera descrizione della nuova casa gurdjieffiana simboleggiava il suo Sistema.

Anche il presunto soggiorno romano di Gurdjieff potrebbe essere una metafora. In tal caso, occorre chiedersi cosa può significare, nella città del Papa, che un maestro spirituale inventi un nuovo, redditizio modo di lustrare le scarpe. È possibile che Gurdjieff, "tosatore di idioti", vedesse il suo Lavoro (anche) come una sorta di costosa lustratina di scarpe per "nullafacenti vanitosi", sottratti ai lustrascarpe (romani) che l'avevano preceduto?  Forse che il Maestro armeno ci sta dicendo che la sua ingegnosità sottraeva pecore al gregge del cattolicesimo romano? 

La mia risposta: sì, è possibile. 


Ed elli a me: Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va su, e men fa male.


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