Dopo la morte di Gurdjieff e Ouspensky, diversi loro studenti si rivolsero ad altre vie spirituali. Sul versante ouspenskyano, Francis Roles passò all'induismo attraverso il guru Shantananda Saraswati, Rodney Collin al cattolicesimo. Sul versante gurdjieffiano, si convertirono al cattolicesimo Bennett e Kathryn Hulme. Com'è noto, Bennett ebbe anche frequentazioni sufi. Lo studente gurdjieffiano Pierre Elliott nel 1977 venne nominato "sheikh mevlevi" in una confraternita derviscia. William Segal divenne buddhista zen, Paul Anderson si rivolse al buddhismo tibetano. Hugh Ripman racconta nella sua autobiografia di incontri con insegnanti zen, sufi, taoisti. Ethel Merston, la coordinatrice del Prieuré di cui ci ha lasciato un ritratto impietoso Fritz Peters, andò a vivere in India negli anni Trenta e divenne devota di Ramana Maharshi. Di quest'ultimo, ha scritto: "Se ho capito qualcosa della sua tecnica di auto-indagine, è solo grazie a Gurdjieff". Qualcosa di simile è raccontato da Bennett nella sua autobiografia, a proposito del Subud, e su Roles a proposito delle sue frequentazioni indiane.
L'autodisciplina appresa in Quarta Via è una chiave per accedere a pratiche così diverse. Poiché la Quarta Via è fatta per essere praticata sempre e dovunque, il suo pilastro, il ricordo di sé, funziona anche tra i sufi e nei dojo zen. Anzi, secondo Ouspensky, se uno non ricorda se stesso, non può meditare.
Esplorando altri cammini, molti di questi "transfughi" avevano la sensazione di stare continuando in altra forma il Lavoro di Gurdjieff, se non addirittura di stare adempiendo un obbligo nei suoi confronti. Si trattava di un arricchimento reciproco: la pratica della presenza appresa in Quarta Via rendeva più proficue le altre tecniche, queste ultime a loro volta sembravano aprire nuovi scenari nel Lavoro o favorire il superamento di un intervallo. Secondo Bennett, "il metodo di Gurdjieff dipendeva per la sua efficacia dalla sua presenza, per cui alla sua morte divenne ineffettivo. Più precisamente, esso dipendeva dalla trasmissione di una particolare energia o sostanza che Gurdjieff possedeva in quantità limitata" (Bennett, Transformation). A detta di Bennett, altri studenti gurdjieffiani (Reginald Hoare, Aubrey Wolton) erano giunti alla conclusione che "era impossibile seguire il sistema di Gurdjieff senza il suo personale aiuto" (Bennett, Subud). Inoltre, prima di morire il Maestro caucasico gli avrebbe detto: "Non resterai solo, dopo di me verrà qualcun altro" (Bennett, Witness).
A fronte di queste posizioni, ci furono quelli che invece ritenevano tali sconfinamenti deviazioni dal vero Lavoro. Secondo James Moore, "Il fiume dell'esoterismo ... si indebolisce, non si rafforza, attraverso l'incauta contaminazione con affluenti tributari" (da W.J. Thompson, J.G. Bennett's Interpretation of the Teachings of Gurdjieff).
Ma con l'eccezione di Ethel Merston e Kathryn Hulme, tutti i personaggi citati in apertura hanno una cosa in comune: sono stati insegnanti di Quarta Via, per gruppi più o meno grandi, sino alla fine dei loro giorni. La sensazione è che se fossero rimasti immuni a "contaminazioni", ciò non sarebbe successo.
L'autodisciplina appresa in Quarta Via è una chiave per accedere a pratiche così diverse. Poiché la Quarta Via è fatta per essere praticata sempre e dovunque, il suo pilastro, il ricordo di sé, funziona anche tra i sufi e nei dojo zen. Anzi, secondo Ouspensky, se uno non ricorda se stesso, non può meditare.
Esplorando altri cammini, molti di questi "transfughi" avevano la sensazione di stare continuando in altra forma il Lavoro di Gurdjieff, se non addirittura di stare adempiendo un obbligo nei suoi confronti. Si trattava di un arricchimento reciproco: la pratica della presenza appresa in Quarta Via rendeva più proficue le altre tecniche, queste ultime a loro volta sembravano aprire nuovi scenari nel Lavoro o favorire il superamento di un intervallo. Secondo Bennett, "il metodo di Gurdjieff dipendeva per la sua efficacia dalla sua presenza, per cui alla sua morte divenne ineffettivo. Più precisamente, esso dipendeva dalla trasmissione di una particolare energia o sostanza che Gurdjieff possedeva in quantità limitata" (Bennett, Transformation). A detta di Bennett, altri studenti gurdjieffiani (Reginald Hoare, Aubrey Wolton) erano giunti alla conclusione che "era impossibile seguire il sistema di Gurdjieff senza il suo personale aiuto" (Bennett, Subud). Inoltre, prima di morire il Maestro caucasico gli avrebbe detto: "Non resterai solo, dopo di me verrà qualcun altro" (Bennett, Witness).
A fronte di queste posizioni, ci furono quelli che invece ritenevano tali sconfinamenti deviazioni dal vero Lavoro. Secondo James Moore, "Il fiume dell'esoterismo ... si indebolisce, non si rafforza, attraverso l'incauta contaminazione con affluenti tributari" (da W.J. Thompson, J.G. Bennett's Interpretation of the Teachings of Gurdjieff).
Ma con l'eccezione di Ethel Merston e Kathryn Hulme, tutti i personaggi citati in apertura hanno una cosa in comune: sono stati insegnanti di Quarta Via, per gruppi più o meno grandi, sino alla fine dei loro giorni. La sensazione è che se fossero rimasti immuni a "contaminazioni", ciò non sarebbe successo.
Le fronde onde s’infronda tutto l’orto
dell’ortolano eterno, am’io cotanto
quanto da lui a lor di bene è porto.
quanto da lui a lor di bene è porto.
Nessun commento:
Posta un commento