martedì 8 settembre 2015

Un Maestro come seconda forza


Schematizzando al massimo, nella triade del ricordo di sé il nostro sforzo è la prima forza; la nostra meccanicità la seconda forza, o "contraria"; il Maestro (o l'Insegnamento, o la Scuola) la terza forza, o "neutralizzante". Tuttavia è stato detto: "All'inizio, questo sforzo va fatto sotto la direzione di un insegnante; in seguito, un uomo può sapere da solo quando occorre esercitare uno sforzo, e come esercitarlo" (Gurdjieff in C.S. Nott, Teachings).

Il maggiordomo maturo è quello che riesce a darsi da solo degli esercizi: allora, può capitare che il Maestro assuma il ruolo di seconda forza. D'altra parte, quest'ultima è indispensabile: senza di essa non c'è Lavoro. La letteratura di Quarta Via abbonda di esempi in cui il Maestro ha comportamenti apparentemente irati o scurrili (ovvero meccanici), a causa dei quali lo studente è costretto a esercitare il distacco e divenire, per così dire, la propria terza forza.

Più di una volta Gurdjieff ha detto: "Bisogna imparare a distinguere quando parlo sul serio e quando parlo per metafore" (C.S. Nott, Teachings; P.B. Taylor, Real Words). Altrettanto importante sembra saper distinguere quando le sue parole (e azioni) sono terza forza e quando sono seconda forza. Nel rapporto Gurdjieff/Fritz Peters, a esempio, il primo sembra assumere il ruolo ora di terza, ora di seconda forza, mentre non sempre il secondo appare in grado di essere terza forza. Da parole e atteggiamenti "di seconda forza", nacque buona parte dell'immagine pubblica negativa di Gurdjieff.

Bisogna sottolineare che questi discorsi non riguardano solo una persona morta settanta anni fa, perché il rapporto Maestro/studente continua a correre lungo gli stessi binari. Da un lato, il Maestro fornisce la teoria, spiega il Lavoro; dall'altro, dà la pratica, mette l'allievo alla prova. Egli ha sempre cura di mostrare prima "dove si trova lo scoglio che impedisce di annegare" (R. Zuber). Questo scoglio si chiama ricordo di sé o attenzione divisa: conviene scoprirne velocemente il gusto, giacché "per aggrapparci all'ignoto, non abbiamo che questo fuggevole punto di riferimento" (J.C. Carrière).

Vien dietro a me, e lascia dir le genti: 
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti.

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