giovedì 28 maggio 2015

Il giro delle sette chiese


Il "Giro delle sette chiese" è uno dei super-sforzi della tradizione romana, consistente nel pellegrinaggio delle sette basiliche principali dell'Urbe. L’itinerario di 20 km richiede un giorno intero, ma un tempo veniva effettuato di notte, a esempio da S. Filippo Neri e i suoi devoti, probabilmente per accrescere lo sforzo, favorire l’introversione e in generale trarre vantaggio dalle condizioni insolite.

La particolarità di tale super-sforzo sotto forma di pellegrinaggio è il suo svolgersi nelle vie di tutti i giorni, in mezzo all’esistenza ordinaria. Una volta, il cammino era accompagnato da canti e preghiere; il laico dei giorni nostri potrà adoperare tecniche per sostenere l’attenzione.

Il Buddha consigliava a esempio di camminare tenendo lo sguardo abbassato e fisso a uno-due metri di distanza. Questa è una protezione passiva dell’attenzione, cui si può affiancare un esercizio attivo: a esempio, fare i passi leggermente più lunghi del normale, sentendo ogni volta la parte posteriore del ginocchio distendersi un po’ più del necessario (in tal modo accrescendo lo slancio della camminata).

Quando l’attenzione è così concentrata, sembra di scavare un mondo dentro a un mondo. Molte cose, intorno al pellegrino, cercano di catturarne l’attenzione, ma se quest'ultima è salda si verifica un fenomeno curioso: le strade di tutti i giorni diventano un itinerario trascendente, lo scenario della vita quotidiana si fa terra di pellegrinaggio. A ogni distrazione cui resiste, il viandante aumenta la sua forza interiore.

Ouspensky ha detto che il lavoro fisico non ci toglie energia, al contrario ce la dà. Se tutto va bene, al termine del super-sforzo il pellegrino si sentirà meglio che all'inizio. Usando la fatica fisica per risvegliare l’anima – per avere più energia al fine di dividere l’attenzione – i suoi passi si faranno leggeri come se stesse volando.

Uno dei momenti più belli è quando si scorge il campanile di S. Paolo venendo dalla Porta Ostiense: allora gli occhi si alzano senza che nulla vada perso, il richiamo verticale rapisce i sensi e la camminata acquista una marcia in più. Si ricorderà a quel punto che campanili e obelischi avevano in antico proprio questa funzione: posizionati in asse con le vie principali, erano un richiamo in grado di facilitare il cammino.

Qualche consiglio, ora, sulla visita delle sette chiese vere e proprie. 

A San Pietro è opportuno recarsi quando aprono i cancelli, alle sette del mattino: l’unico momento in cui la chiesa è priva di turisti e più assomiglia a un tempio. A quell'ora, si starà al suo interno esclusivamente con religiosi, religiose e pellegrini da tutto il mondo. Le tante messe celebrate alle sette del mattino sono probabilmente le più suggestive della giornata.

A S. Paolo ci si può raccogliere nella Cappella del Sacramento. Qui una notte arrivarono, ovviamente a piedi, S. Ignazio e i suoi devoti, e con un giuramento diedero nascita alla compagnia del Gesù: uno dei tanti super-sforzi che alla fine crearono la virtù "eroica" di questi santi.

Nella catacomba di S. Sebastiano, S. Filippo Neri ebbe un rapimento mistico (sempre di notte). Il cuore sobbalzò e il petto rimase deforme a vita, con un rigonfiamento nella metà sinistra: un evento mistico tra i più importanti nella storia di questo pellegrinaggio, se pensiamo che fu proprio S. Filippo Neri a riportarlo in auge nel Cinquecento.

Tra S. Sebastiano e S. Giovanni, la tradizione situa la refezione: ma se in uno dei tanti ristoranti o bar tra le due basiliche direte che state a metà del giro delle sette chiese… probabilmente non sapranno di che state parlando.

Con S. Sebastiano si è usciti in campagna, con S. Giovanni si rientra nella città: in questa basilica non si ometta una visita al chiostro (come a S. Paolo), toccante rappresentazione del paradiso in terra, angolo di natura nella vita reclusa dei monaci. Si noti che l’accesso all’hortus conclusus è vigilato da due sfingi e che in alcuni capitelli si nasconde il diavolo (a significare probabilmente che il sé inferiore è ovunque in agguato).

S. Croce in Gerusalemme è lì davanti: non sembra nemmeno di aver fatto una nuova tappa. S. Lorenzo al Verano era probabilmente una meta suggestiva quando si trovava in mezzo alla campagna, ora richiede di attraversare un settore urbano congestionato. Stiamo verso la fine del pellegrinaggio e probabilmente questi sono i passi più faticosi.

La fine arriva a Santa Maria Maggiore. In tutte le chiese si entra da una porta laterale, ma occorre mettersi quanto prima all'inizio della navata principale per contemplarne la simmetria. Tutte le linee tendono verso di noi, i nostri occhi sono il punto di fuga e ogni cosa pare affiorare dal cuore, per rituffarsi in esso. A S. Maria Maggiore, l’unica basilica maggiore che ha conservato le linee costantiniane, questo effetto è più potente. 

Finiamo l'itinerario mistico-artistico con la tomba di un grande artista mistico: Bernini, che volle essere sepolto sotto un gradino dell'altare maggiore. Come a dire: tutta la mia arte non è  stata che un gradino verso Dio.


Cosi la neve al sol si dissigilla; 
così al vento nelle foglie levi 
si perdea la sentenza di Sibilla.

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