La maggior parte dei visitatori di Palazzo Venezia, a Roma,
sembra interessata prevalentemente a tutto ciò che è legato al ricordo del Duce: la
Sala del Mappamondo, la “sala dell’alcova”, la scrivania, la Sala del
Pappagallo ecc. A Palazzo Venezia, però,
c’è (e c’era anche prima che arrivasse Mussolini) un museo abbastanza
interessante pure da un punto di vista esoterico, anche se poco noto. In esso
sono confluiti molti oggetti del museo kircheriano, fondato dal gesuita Athanasius
Kircher, erudito seicentesco dai vasti interessi.
Nella sala Cinque del museo (proprio l’ex alcova del Duce),
a esempio, sono presenti vari oggetti provenienti da quella collezione: quelli medievali
in avorio (tra cui un cofanetto appartenuto a un re armeno), e
una scatoletta danese dell’XI secolo, in sui nota il simbolo esoterico (non
così diffuso) della croce quale bilancia tra il sole e la luna.
Il pezzo principale della sala, però, è indubbiamente la “cassa
di Terracina”, che non proviene dalle collezioni del Kircher, in quanto fu scoperta nel duomo di Terracina alla fine dell’Ottocento (veniva usata per tenervi la
legna). Questo raro mobile dell’anno Mille raffigura la lotta tra bene e
male attraverso uno stile che mischia non solo influssi barbari, classici e
arabi (le fogliette), ma addirittura, si è detto, indiani (l’elefante
stilizzato). L’opera è complessa e meriterebbe più studi di quanti ne ha
ricevuti, anche se forse è ormai impossibile capirla del tutto.
Il S. Michele che sconfigge il demonio, in sala Dieci, è un’ottima
scultura di Michel Pacher, il più importante artista austriaco del
Quattrocento. Si notino il sé inferiore raffigurato grottescamente nella pancia
del diavolo (ce n’è un altro, non visibile, sotto la bilancia) e, per
contrasto, l’espressione serena dell’arcangelo. Una volta, su un piatto della
bilancia c’era l’anima di un defunto. Una vecchia foto ancora lo mostra.
Da decenni l’anima è scomparsa e il sacchetto con cui il
diavolo cercava di vincere la contesa sulla bilancia è stato trasferito sull’altro
piatto.
Nella sala Sedici, dei bronzetti, vi sono due raffigurazioni della dea del silenzio, Angerona, anche esse non molto diffuse: in antico la statua di questa dea era venerata soltanto nel tempio
di Voluptas, Voluttà.
Nel Lapidario si notino, dal lato dei reperti classici, il
sarcofago che unisce nella decorazioni temi come la morte, l’amore e l’eccitazione
sessuale (il Priapo), e dal lato dei reperti cinquecenteschi il fontanile
proveniente da Piazza della Chiesa Nuova: era verosimilmente da esso che S. Filippo
Neri e i suoi devoti facevano scorta d’acqua ogni volta che partivano per il pellegrinaggio delle sette chiese (il quale appunto cominciava da Piazza della
Chiesa Nuova).
Le cose da raccontare su questo museo potrebbero essere ancora diverse, ma per il momento ci fermiamo
qui.
Così la neve al sol si dissigilla;
così al vento nelle foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.