mercoledì 7 ottobre 2015

San Giovanni Boccadoro


Nelle prime sale della Galleria Estense di Modena vi è una tavola del 1430 ca., attribuita al "Secondo Maestro di Carpi". Il soggetto è la "Leggenda di San Giovanni Boccadoro". La storia medievale di questo santo (che non ha nulla in comune con S. Giovanni Crisostomo, a volte indicato con lo stesso nome) ha conosciuto una gradevole trasposizione in versi a Venezia nel 1813. Da questa edizione verranno le nostre citazioni.

Un certo Schirano, dopo una vita peccaminosa, decide di redimersi e si confessa da un frate. Questi gli assegna tre condizioni: non commettere adulterio, non uccidere, non bestemmiare. Schirano giura di ubbidire e si ritira in una cella dentro la foresta. Un giorno, il re del luogo va a caccia nella foresta, portandosi dietro la figlia. Al termine,
La notte era già quasi approssimata,
Il Re con la gente ritornava,
E la sua figlia si dimenticava.
Terrorizzata, la principessa chiede ospitalità all'eremita Schirano. Questi prima acconsente, poi la violenta e l'uccide, facendone sparire il cadavere in un pozzo. Quando arrivano le guardie del re alla ricerca della principessa, egli giura su Dio di non aver visto nessuno da tre anni. Ripartite le guardie, si rende conto di avere commesso tutti e tre i peccati che doveva evitare, e per espiazione comincia a vivere come un animale, a quattro zampe, nutrendosi di erbe e senza più dire parola.


Sette anni dopo, durante un'altra battuta di caccia, il re nota lo strano uomo-animale e lo porta a corte, come una curiosità. Qui, il primo gennaio, la regina dà alla luce un altro figlio, che miracolosamente parla dopo sette giorni. Rivolgendosi all'eremita, gli dice: "I tuoi peccati sono perdonati, torna all'eremo". Schirano allora parla per la prima volta dopo sette anni e chiede carta e penna. Mancando l'inchiostro, intinge la penna nella sua bocca e l'inchiostro che ne esce è d'oro (da qui il nome Boccadoro). Confessa in tal modo l'uccisione della figlia del re.
Inteso ch'ebbe il Re simil novella,
Montò a cavallo con sua Baronia,
E come fu arrivato alla sua cella,
Sentì cantar con dolce melodia.
La principessa è ancora dentro al pozzo, viva, e viene subito ripescata e condotta a Corte, per l'allegrezza di tutto il Reame.


Ouspensky diceva che il linguaggio del centro emozionale superiore è l'allegoria, mentre quello del centro intellettuale superiore è il simbolo. Davanti alla leggenda di S. Giovanni Boccadoro, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una parabola per i nostri centri superiori. Molti sono gli archetipi di questa favola: lo smarrimento nella selva, il protettore che diventa carnefice, il fatto che la principessa può tornare a casa solo tramite il protettore-carnefice, la prova che quest'ultimo deve superare per realizzare quanto richiesto ecc.

A un livello, il Re potrebbe essere Dio, la principessa l'Anima e l'eremita il corpo. L'anima perde Dio nella selva, diventa ospite del corpo che però l'uccide e da quel momento si trasforma in un animale. Quando viene perdonato, grazie al rimorso e al bambino che nasce il primo gennaio, egli torna uomo e non solo recupera la favella, ma le sue parole sono d'oro. Simultaneamente, l'anima comincia a cantare nel pozzo. Corpo e anima risuonano coralmente e a quel punto S. Giovanni Boccadoro è riuscito a realizzare la sua missione di riportare la principessa dal Re, ovvero l'anima a Dio. 

Con linguaggio gurdjieffiano, l'eremita è il lupo (la personalità) e la principessa l'agnello (l'essenza). Anziché proteggere la seconda, la personalità uccide l'essenza e decade allo stato bestiale. Solo il pagamento prolungato e la nascita del bambino (il Buon Pastore, simbolo del maggiordomo) permettono a lupo e agnello di tornare a convivere armoniosamente, scrivendo parole d'oro l'uno e intonando melodie l'altra. 

Interessante e arguta la conclusione del "miracolo versificato": 
Chi mia istoria disia di comprare,
Onde se qualcuno comprar la vuole,
Un soldetto mi dia senza parole.
Al di là del livello letterale della leggenda, c'è un significato più profondo che richiede un pagamento: un "soldetto senza parole" (attenzione e presenza).

“Lo sol sen va”, soggiunse, “e vien la sera;
non v’arrestate, ma studiate il passo,
mentre che l'occidente non si annera”.

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