venerdì 26 giugno 2015

Un paesaggio civettuolo


Tempo fa, il mio amico studente di Quarta Via Lee Van Laer, ispiratore di questo blog, pubblicò in Rete un interessante studio su un paesaggio di Bosch. In questi giorni mi sono accorto che un quadro di qualche decennio posteriore, il Paesaggio con San Girolamo di Herri Met de Bles detto il Civetta (dunque un altro fiammingo), esposto alla Galleria Estense di Modena, sembra contenere un messaggio simile.

Sulla sinistra del quadro, in basso, si scorge San Girolamo inginocchiato davanti al crocifisso: è un dettaglio minuscolo e subito capiamo che il vero protagonista è il paesaggio. All'altezza del santo, sulla destra, si osserva un ponte attraversato da due personaggi che gli abiti diversi potrebbero identificare in un uomo e una donna. Il paesaggio sembra idilliaco: sotto il ponte c'è un torrente con i cigni e più in là un campo con pecore al pascolo. Alcuni animali esotici (cammelli stilizzati) ricordano che, trattandosi di un San Girolamo penitente, ci troviamo in Medio Oriente. Notiamo poi che un cane resta dalla parte di S. Girolamo e abbaia furiosamente, mentre la coppia si inoltra nel ponte volgendo le spalle al santo.


La scena è simile al paesaggio di Bosch: in primo piano, un soggetto religioso; sullo sfondo, persone che gli volgono le spalle dandosi ai piaceri del mondo. In entrambi i casi la "gente del mondo" attraversa un ponte (la transizione), incurante di un cane (la vigilanza) che resta indietro e abbaia allarmato.

Nei pressi vediamo sempre una croce, simile a un cippo di confine. Il significato moralistico della composizione si palesa in fondo alla traiettoria della coppia: un colle con un patibolo cui è appeso un impiccato. Pure qui, il dettaglio è identico in Bosch.


L'allegoria sembra lineare: i piaceri del mondo conducono alla morte dell'anima. Benché l'inizio sia idilliaco, volgere le spalle alla religione equivale a un suicidio. Detto con la Quarta Via (mutatis mutandis), il sé inferiore non mantiene le sue promesse e l'ottava discendente, se pure inizia in modo apparentemente innocente (i cigni), ha un esito rovinoso (il patibolo). All'inizio e a metà ottava (gli intervalli DO-SI e FA-MI), si notano due elementi che vorrebbero mettere in guardia (il cane e la croce): oltre di quelli, secondo questi pittori fiamminghi, c'è solo la morte.

A un primo sguardo tutto ciò non si nota: nel quadro c'è molto altro e questi piccoli dettagli vanno cercati con cura, perché contengono un insegnamento da pagarsi con l'attenzione. Verosimilmente, un dipinto del genere contiene altri messaggi (a esempio, la grande montagna centrale), ma averne decodificato uno solo, vincendo la naturale pigrizia dell'occhio, può bastare.

È interessante che entrambi i pittori abbiano simboleggiato la "perdizione" tramite una coppia. Non è infrequente vedere meditatori, studenti, "gente sul cammino" ecc., abbandonare ogni Lavoro di Scuola dopo aver trovato un partner, come se ciò rappresentasse un'insormontabile forza contraria (o il vero oggetto della loro ricerca). Forse, cinquecento anni fa, la situazione non era molto diversa. 

Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
dell’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso.

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