martedì 2 giugno 2015

Guardare un quadro


Quando si guarda un quadro, l’attenzione divisa è un grande aiuto. Un modo di esercitarla è, per esempio, sentire le proprie mani rilassate mentre si contempla l'opera. L’attenzione divisa è ricordo di sé, quindi consente l’affiorare di un’emozione superiore. Essa è in realtà un passepartout, una chiave universale.

Tenere desta l’attenzione è la prima cosa da fare. Senza attenzione, non si dà ricordo di sé; ugualmente, ci dice il Sistema, non si dà ricordo di sé senza il lavoro di tutti e tre i centri. È possibile guardare un quadro dal centro institivo-motorio, da quello emozionale o da quello intellettuale. Si guarda un'opera dal punto di vista istintivo-motorio quando si notano dettagli materici come la tempera o l'olio, la tela o la tavola, la tela fine o quella grossolana, la larghezza delle cuciture che rivela quella del telaio ecc.; si usa il punto di vista emozionale quando riconosciamo nell'opera le nostre emozioni (incluse quelle più sottili, come la grazia); si usa il punto di vista intellettuale quando facciamo considerazioni sullo stile, l’epoca, il contesto ecc. Se l’attenzione sta vacillando, si può passare da un centro all'altro al fine di superare l’intervallo: a esempio, dalle impressioni emozionali si può passare a quelle motorie ecc. In tal modo, la vigilanza prolungata diventa più facile.

È sempre incredibile quanti dettagli ci sfuggano. Basti provare a guardare con attenzione un quadro da sinistra a destra, o dal basso in alto e viceversa: ogni volta si scopriranno cose nuove. Alla prima occhiata, però, capita d'avere la sensazione di sapere già tutto. Questo è un buon esempio del "mentire", così come lo si intende in Quarta Via: presumere di sapere ciò che non si sa.

Si parla tanto di illuminazioni nuove e più potenti, di faretti per valorizzare le opere: a volte si ha la sensazione che così si stiano "drogando" i visitatori di chiese e musei. Nell'era della pubblicità, non vogliamo più sforzarci di esercitare l’attenzione, quindi abbiamo bisogno di "stimolanti" come le luci artificiali. Quando si entra in una chiesa, colpisce spesso la sua oscurità: le cappelle caravaggesche non avevano le luci artificiali odierne, eppure Caravaggio ha rivoluzionato la pittura dei secoli scorsi. Sembra che gli uomini di una volta fossero più capaci di esercitare l'attenzione.

Non è possibile essere al livello del presente se non si è attivi. Nel caso stessimo svolgendo un’attività fisicamente immobile, come la contemplazione, essere presenti richiede attività interiore: dividere l'attenzione. Utile può essere inventarsi di volta in volta esercizi diversi, come a esempio evitare di grattarsi il viso mentre si guarda un quadro. I fattori di ricordo sono potenzialmente infiniti.

Un modo "moderno" di coltivare l’attenzione può essere scattare fotografie dei dettagli. Da quando nei musei italiani ciò è consentito, alcune persone si avvicinano alle opere riprendendone decine di particolari. In questo caso, si direbbe che la macchina fotografica aiuti a vedere meglio. Volendo usare un metodo "antico", si può fare ricorso a carta e penna: non solo per copiare l’opera – cosa che ormai fanno in pochi – ma anche per appuntare ciò che si vede. Scrivere ciò che si vede aiuta a vedere.

Tutto ciò che aiuta l’attenzione va bene. Come diceva Madame Ouspensky: L’attenzione è come l’olio nella lampada, la consapevolezza è la luce. Se non abbiamo nemmeno l’attenzione, come potremmo avere l’attenzione divisa?

Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
dell’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso.

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