Il balcone è un luogo speciale, perché fa vedere il mondo senza farsi vedere.
L’uomo sul balcone non vede che sopra, sotto, intorno a lui ci stanno altri balconi identici. Grazie a muri e vetri opachi, gli uomini contemplano il mondo senza vedersi tra loro. Il balcone che ci sta accanto è l’unica parte di mondo che non si deve vedere.
Il cammino per arrivare
a ogni balcone è inizialmente lo stesso: solo verso la fine vi è uno scarto, la
deviazione di pochi passi che isolerà ogni uomo nella sua privata contemplazione. Nessuno si rende conto che il proprio sguardo è seriale e standardizzato.
I balconi escono da una catena di montaggio, come i pensieri
di chi vi sta sopra. Meccanico è l’itinerario che porta ognuno al suo balcone,
meccanici sono i pensieri del contemplatore che esclude il resto dell’umanità.
A teatro si osserva la stessa dinamica: un palco esiste solo
come affaccio su un altro mondo; serve per guardare in fuori, non anche in dentro. Pure a teatro, i palchi sono divisi da pareti:
forse perché vedendo i propri simili in carne e ossa, un uomo ricorderebbe se stesso.
C’è un'opportunità di Lavoro, nel balcone e nel palco di un
teatro. Altre persone, intente alla nostra stessa attività, sono
intenzionalmente nascoste alla vista. Questa si chiama privacy, ma è qualcosa che il Lavoro cerca di contrastare. Dove c’è fastidio,
c’è Lavoro.
Ouspensky: Siamo irritati dagli altri che ci comportano come
macchine, perché noi stessi siamo macchine.
Se il vicino di casa ci irrita, è perché siamo macchine come lui. Se la presenza di un altro disturba la mia contemplazione, era una contemplazione meccanica. Ciò che esclude gli altri non è Quarta Via: al massimo, può fare parte
della via del monaco. Lo stato che si raggiunge in opposizione agli altri viene probabilmente dal centro istintivo, non dai centri superiori. La vera contemplazione include l'osservatore; il vero Lavoro è voltarsi verso gli altri.
Così la neve al sol si dissigilla;
così al vento nelle foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
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