Gurdjieff, his work on myself, with others, for the Work è un bel
libro di Irmis B. Popoff non ancora tradotto in italiano. Contiene una
delle teorie più originali sulla “rottura” tra Gurdjieff e Ouspensky. Tale teoria
non è enunciata esplicitamente, ma tramite indizi.
A pag. 172, Popoff scrive: “Nel Lavoro ci viene detto che
dobbiamo sacrificare qualcosa per un lungo periodo di tempo, costantemente, se
vogliamo davvero conseguire l’unità interiore, il diritto di dire ‘io’ dentro
di noi”. A mo’ di esempio, viene citato il sacrificio di cui parla Gurdjieff in
La vita è reale solo quando “Io sono”:
al fine di avere costantemente dentro di sé un fattore di ricordo, Gurdjieff si
risolse a sacrificare i suoi poteri psichici (telepatia e ipnosi). Più in là, Popoff accenna a Meher Baba: forse questo santo
indiano, quando decise di non parlare più (continuando però a vivere in mezzo agli
uomini), stava facendo un notevole sacrificio che gli avrebbe permesso di
creare dentro di sé un fattore duraturo di ricordo.
Dopo di ciò, Popoff affronta una delle domande più
spinose del Lavoro: “Com’è possibile che Ouspensky, se era davvero un grande
Maestro, abbia abbandonato Gurdjieff?”. La risposta, non banale e tra le più
ispirate, comincia così: perché era all’opera “la legge dell’altrimenti” (the law of otherwise). Quest’ultima era
stata definita, qualche pagina prima, come la legge per cui le cose “non stanno
così come sembrano, ma altrimenti”. Popoff fa l’esempio di una conferenza di
Ouspensky: all’inizio il Maestro russo appariva sonnacchioso e
svogliato, finché un certo numero di persone non ebbe abbandonato la sala. A quel punto, Ouspensky sembrò rianimarsi e iniziò veramente la
conferenza, a beneficio di chi se l’era guadagnata restando. Gran parte dei
bizzarri atteggiamenti di Gurdjieff e Ouspensky, secondo Popoff, erano dettati
dalla “legge dell’altrimenti”.
Popoff si chiede: “Perché mai Ouspensky sentì di dover
abbandonare quella fonte di saggezza e conoscenza che era il suo Maestro? Perché
avrebbe barattato la compagnia di quest’ultimo … per quella degli idioti
patentati che affollavano le sale delle sue conferenze? Perché si privò dell’opportunità
di ottenere più insegnamenti, di verificare le sue scoperte tramite un
insegnante capace di capirlo?”. Irmis B. Popoff non lo dice, ma il modo in cui
accosta gli argomenti suggerisce una risposta: la rinuncia a Gurdjieff fu il grande pagamento che Ouspensky impose a se stesso per sviluppare al proprio
interno un fattore di ricordo duraturo. È solo un’ipotesi, però originale, meno grossolana
di altre e in accordo con il fatto che Gurdjieff, dopo la morte di
Ouspensky, tributò stima a quest'ultimo.
Come scrive ancora Popoff: “Mi rifiuto di credere che uomini
della statura di Gurdjieff e Ouspensky potessero agire come chiunque altro,
litigando meccanicamente … Dal punto di vista del Lavoro, ciò non avrebbe avuto valore”.
In sintesi Ouspensky, pensando di aver ricevuto
a livello teorico tutto ciò che vi era da sapere, sarebbe passato alla pratica
privandosi di una cosa tra le più importanti: il suo Maestro. Popoff – che ebbe
la fortuna di conoscere Gurdjieff, Ouspensky e anche la moglie di quest’ultimo –
avrebbe forse detto che tale sacrificio non era stato inutile.
Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
dell’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso.
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