Vedute sul mondo reale è un importante testo gurdjieffiano che tutti gli studenti di Quarta Via conoscono, ma con qualche problema di attendibilità. Come viene spiegato nell'Introduzione, i testi che compongono il libro sono per lo più trascrizioni delle conferenze di Gurdjieff, effettuate da allievi "dotati di eccezionale memoria", perché Gurdjieff proibiva di prendere appunti. Tali trascrizioni sarebbero poi state riconosciute come "il più possibile fedeli alla parola del maestro" da coloro che avevano seguito le conferenze. Nulla ci viene detto sulla modalità di queste trascrizioni (chi le fece? Quando? Dopo poche ore o a distanza di giorni?) o su quella delle "validazioni" (da parte di chi? Dopo quanto tempo? Esistevano più versioni?). Può succedere così che in due conferenze leggiamo "L'essenza non cambia" (pag. 142) e "La nostra essenza è debole e può cambiare a ogni momento" (pag. 147). C'è anche da considerare che stiamo leggendo una traduzione di una traduzione, in quanto spesso Gurdjieff parlava in russo e qualcun altro traduceva dal palco. La verità è che ritenere Vedute sul mondo reale un libro di Gurdjieff è arbitrario tanto quanto asserire, a esempio, che Conversazioni con Eckermann sia un libro di Goethe.
Il problema non si limita al succitato libro, ma riguarda quasi tutta la letteratura di Quarta Via. Lo stesso testo base del Sistema, Frammenti, è il frutto della trascrizione a memoria di Ouspensky. In questo caso, però, sappiamo che Gurdjieff approvò sostanzialmente il libro, leggendolo poco prima di morire (pare tuttavia che ne disapprovasse alcuni passaggi, definendoli "troppo diluiti").
Il problema riguarda pure le conferenze di Ouspensky, se è vero che le loro trascrizioni furono pubblicate postume contro la sua volontà (stando a quanto racconta Joyce Collin Smith). Per non parlare delle importanti lezioni della moglie Sophie, oggi note solo da scarni appunti di Robert S. de Ropp.
Alla fine, ciò può anche avere i suoi vantaggi. Non
tutto il male viene per nuocere, soprattutto in Quarta Via. Questa
situazione, una volta riconosciuta, introduce relatività, limita il ricorso all'ipse
dixit, ci spinge a procedere con i piedi di piombo e soprattutto a reggerci
sulle nostre gambe. In altre parole, essa ci aiuta a Lavorare.
Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
dell’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso.
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