venerdì 12 giugno 2015

I giornali


Ogni Scuola cerca di limitare l’esposizione dei suoi studenti ai mass media. Se non c’è l’esercizio esplicito di tenersi lontani da essi, la loro visione ne è comune sconsigliata, giacché:

Tutto il Lavoro su di sé consiste nello scegliere le influenze a cui sottoporsi, e nel sottoporsi effettivamente a esse. Gurdjieff

Secondo Gurdjieff, il giornalismo “non porta assolutamente nulla di buono per l’intelligenza ed è diventato il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza nefasta. Questo genere di letteratura si è molto diffuso negli ultimi tempi, perché corrisponde meglio di ogni altro alle debolezze degli uomini … e alla loro crescente mancanza di volontà” (Incontri con uomini straordinari, Introduzione).

René Zuber, in Monsieur Gurdjieff, ma lei chi è?, racconta che negli anni Quaranta due persone ebbero l’ardire di annunciarsi all’appartamento di Gurdjieff come giornalisti di un famoso quotidiano: non fecero in tempo a fare tre passi nell’anticamera, che Gurdjieff  “in persona venne a scacciarli come fossero canaglie”.

Volendo essere un tantino più buoni, i giornali possono diventare relativamente utili, soprattutto nei casi (infrequenti) in cui il giornalista sa offrire un punto di vista distaccato sulle notizie. D’altra parte, tanto più egli è coinvolto nei fatti che presenta, tanto più va evitato. Solo chi guarda i fatti da lontano è degno di essere letto.

Quando leggiamo punti di vista riconducibili agli atteggiamenti “Non è buono che sia eletta questa parte politica” o “È buono che sia eletta quella parte politica” bisognerebbe chiedersi: buono per cosa? Per il guadagno interiore, la situazione presente è sempre la migliore possibile. Vale la pena smarrire l'anima in identificazioni, lotte e discussioni finalizzate a un risultato esteriore?

Alcuni miei amici pensano che il mondo sia dominato da "uomini in nero" a capo di un "nuovo ordine mondiale". Se anche fosse, sarebbero persone poco invidiabili, in quanto perennemente tese e sulla difensiva: avrebbero tutto da perdere!

Quando si legge un giornale, è bene darsi degli esercizi. Fare una pausa alzando gli occhi alla fine di ogni articolo (non una pausa generica, ma precisa: 30 secondi, a esempio); ricordarsi dell’ambiente in cui si è, guardandosi in giro a ogni fine pagina; non mangiare mentre si legge ecc.

Una delle cose più utili, per essere presenti mentre si legge, è la qualità dell’oggetto-libro. Carta fine, nastri segnalibro di seta, copertina rigida, bei caratteri ecc. Così furono i libri di un tempo, così – fatti a mano – erano i libri cui ho avuto la fortuna di lavorare, in una casa editrice di Quarta Via. Tutto ciò, trasposto nel giornalismo, può significare, si parva licet, bei caratteri, foto artistiche, pubblicità assente o accuratamente selezionata, oltre ovviamente a contenuti in cui si avverte il distacco dell’autore (o la sua padronanza della materia, che è la stessa cosa).

Buona fortuna nella ricerca di un giornale siffatto.

Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
dell’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso. 

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