martedì 1 dicembre 2015

Fudenji


Arrivando al monastero Zen Fudenji di Salsomaggiore, viene naturale pensare al famoso detto orientale: “Non guardare il dito che indica la luna, ma la luna”. Poca o nessuna istruzione riceve il nuovo arrivato in questo perfetto angolo di Giappone nella pianura padana: egli deve immediatamente imparare a muoversi nel luogo imitando gli altri, e poiché la mera imitazione non conduce a niente (dal punto di vista interiore), deve fare appello a tutto il suo bagaglio di essere e conoscenza per rendere fruttuoso il suo soggiorno. Qui, il dito che indica la luna è ridotto all'osso: ogni cura è posta affinché l'osservatore passi subito alla luna.

Chi avesse dello Zen un'idea superficiale, dovuta all'uso disinvolto che si fa di questo nome (ormai è anche una marca di shampoo), potrebbe restare scioccato nell’accorgersi che l’autentico Zen di tradizione Soto, quale si può vedere a Fudenji, è una tradizione rigida e formale. Già all’arrivo si viene invitati a parcheggiare la macchina in retromarcia, cioè con una difficoltà in più e non strettamente necessaria, vista l’ampiezza del parcheggio. Da quel momento, ogni dettaglio della vita a Fudenji sembra normato: quali sandali indossare, come camminare, come tenere le mani, come entrare negli ambienti, come mangiare, come tenere un libro, come sedersi ecc. Nulla è lasciato al caso: la vita, qui, è intenzionale.

All’ingresso del monastero, in bacheca si può leggere dei tre voti del Buddha: vivere secondo gli insegnamenti del Buddha, vivere in armonia con gli altri e creare gioia intorno a noi. Al nuovo venuto, il terzo punto potrebbe sembrare fuori posto. Come possono manifestare e diffondere gioia persone apparentemente così serie? L’interrogativo sorge soprattutto pensando alle numerose proposte della nuova spiritualità in cui si invita a esprimere gioia in modo spontaneo e disinibito. Il fatto è che la gioia è il segreto di Fudenji. Sotto la grande disciplina e grazie all’intensa attenzione del praticante, c’è un cuore ardente: e più il suo calore viene contenuto e osservato, più si espande; più la vita esteriore appare disciplinata, più quella interiore sembra liberarsi; più le norme si addensano intorno alla porta stretta, più lo spazio al di là di questa si illumina e dilata.

Per noi la nebbia è come l’acqua per i pesci. È il luogo dove vediamo meglio, non solo dentro, ma anche fuori. L’uomo nella nebbia, fatto di nebbia, è come un pesce nell’acqua che, per quanto nuoti, non trova limiti all’acqua né al suo nuotare. Tutta l’acqua è il pesce che nuota… e vai a spiegare ai pesci e ai draghi che abitano le acque profonde, o le vaporose nubi del cielo, che gli uomini bevono le loro case! (Fatti di nebbia)

Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;
lo tuo piacere omai prendi per duce;
fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.

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