Oggi ho scoperto l'interessante sito "La caverna di don Falcuccio", che contiene articoli simili ad alcuni del mio blog, per quanto riguarda l'approccio all'arte (vista però dal punto di vista dello yoga e non della Quarta Via). A un certo punto, in quel blog si legge che i quadri e le statue asportati dalle chiese ed esposti nelle gallerie sono opere decontestualizzate e quindi impoverite. Senz'altro è così, ma aggiungerei che anche nelle chiese di oggi le opere appaiono decontestualizzate.
La scomparsa del sottofondo sonoro di canti, preghiere e salmodie ha impoverito le arti figurative delle chiese. Nessuna di queste opere venne creata per quello che oggi è il principale frequentatore delle antiche chiese: il turista. Esse servivano alla contemplazione ed edificazione di fedeli e religiosi. A queste opere si levava lo sguardo durante la preghiera, ovvero in uno stato mentale particolare. La posizione del corpo, l'attività, i suoni e il luogo rendevano diversa e più nutriente la fruizione di queste opere. Si può dire che nel fruitore di un tempo, tutti i centri gurdjieffiani (motorio, emozionale e intellettuale) partecipavano alla contemplazione.
Oggi, quando guardiamo le stesse opere in una Galleria, dobbiamo rinunciare a posizioni, musiche, attività e compagnia umana che risvegliavano l'anima. Il più delle volte, per "agganciare" queste opere abbiamo a disposizione il solo sforzo intellettuale. Ricevere nutrimento da queste opere è ancora possibile, ma occorre passare per altre vie.
All’inizio del Purgatorio, attraverso l’episodio di Casella, Dante ci dice una cosa importante per lui e tutti gli artisti: l’arte può essere un ostacolo sulla via del paradiso, e allora ci vuole un giudice severo, terzo tra artista e pubblico, che risprona tutti al lavoro su di sé (in questo caso, Catone l'Uticense). Ai piedi del Purgatorio, l'arte era stata intrattenimento e perdita di tempo: fine a se stessa, non conduceva il fedele verso Dio. Chissà cosa avrebbe pensato Dante nell'attuale Sala Due degli Uffizi, che ospita la migliore arte duecentesca della Toscana... tutta rimossa da altari di chiese.
All’inizio del Purgatorio, attraverso l’episodio di Casella, Dante ci dice una cosa importante per lui e tutti gli artisti: l’arte può essere un ostacolo sulla via del paradiso, e allora ci vuole un giudice severo, terzo tra artista e pubblico, che risprona tutti al lavoro su di sé (in questo caso, Catone l'Uticense). Ai piedi del Purgatorio, l'arte era stata intrattenimento e perdita di tempo: fine a se stessa, non conduceva il fedele verso Dio. Chissà cosa avrebbe pensato Dante nell'attuale Sala Due degli Uffizi, che ospita la migliore arte duecentesca della Toscana... tutta rimossa da altari di chiese.
Poi pinse l'uscio a la porta sacrata,
dicendo: “Intrate, ma facciovi accorti
che di fuor torna chi 'ndietro si guata”.
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