Maurice Nicoll, alla fine dei suoi incontri (la cui trascrizione avrebbe poi costituito il libro Commentari), imbracciava una chitarra e cominciava a suonare. I suoi studenti lo seguivano intonando canzoni inglesi, scozzesi o irlandesi (qualche volta, O Sole Mio). Scrive Beryl Pogson: "Era necessario avere simili serate gaie dopo l'incontro, per poter rilasciare l'energia" (Maurice Nicoll, A Portrait).
Questa alternanza tra tensione e distensione era forse stata appresa da Nicoll alla Scuola gurdjieffiana del Prieuré, nel 1923. Ricorda Tchesslav Tchechovitch (Tu l'amerai): "Gurdjieff, prevedendo i giorni di festa e la distensione che essi avrebbero creato, faceva di tutto per generare un'atmosfera di tensione nei giorni precedenti, che ci obbligava a fare sforzi maggiori". Questa tensione si sarebbe poi sciolta in quelle che secondo le testimonianze erano feste grandiose.
A livello personale, sembra che Gurdjieff usasse alcune personali "valvole di sfogo" per alleggerire la tensione. Il bagno turco era una di queste. "Per tutta la settimana mantengo l'attenzione sotto controllo, dirigo e governo tutta la mia vita interiore. Durante il rilassamento del bagno, permetto alla mia testa di seguire il corso associativo dei miei pensieri psichici" (Tchechovitch, cit.). Un'altra erano le gite in automobile con gli studenti: "Il sig. Gurdjieff si è sempre riposato di volta in volta. Da quando lo conosco, ha viaggiato e fatto altre cose solo per riposarsi e divertirsi" (Madame de Salzmann, da G. ed E. Bennett, Idioti a Parigi; questa sarebbe diventata una tradizione di Quarta Via: anche Leon MacLaren faceva ampio ricorso a tali gite).
Riposarsi dopo uno sforzo potrebbe essere qualcosa che non ha bisogno di spiegazioni: se non lo si facesse, si rischierebbe di diventare "candidati al manicomio". Forse, però, c'è dell'altro. Intanto, si offrono all'allievo diversi contesti in cui esercitare il ricordo di sé: durante lo sforzo e durante il rilassamento.
Solo l'uomo la cui coscienza interiore rimane libera dall'attività esteriore può a pieno titolo definirsi un essere responsabile. J.G. Bennett
Inoltre, Ouspensky disse che uno sforzo intenso e protratto, in qualunque lavoro si stesse facendo, ci avrebbe reso più emozionali: "Una scarsità di emozioni indica una scarsità di sforzi", ammonì il Maestro russo. Passare da uno sforzo intenso e prolungato a un'attività emozionale (il canto, la festa) può forse aiutare a scivolare dal centro emozionale inferiore a quello emozionale superiore: il che è lo scopo del Lavoro.
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti.
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